giovedì 4 giugno 2015

...

La prima volta che la vide non riuscì a crederci. Era davvero troppo bella: in piedi sul davanzale della terrazza, la luna piena dietro di lei, le braccia aperte. Una figura angelica (o forse diabolica data la netta predominanza del colore nero nella sua figura) coi capelli corvini svolazzanti e acuti e glaciali occhi blu. Era tutto troppo bello per essere vero e il giovane pensò di dover morire. Si, pensò, è giusto morire dopo aver visto qualcosa del genere, anche perché tutto il resto avrebbe perso irrimediabilmente colore. Una noia totale. Fu abbastanza sicuro di essere rimasto vivo, perciò decise di sbattere gli occhi per esserne sicuro. E lei rimase lì con il suo corpetto e i pantaloni stretti neri, le braccia nude, un seno equilibrato e i guanti di pelle alle mani. Dischiuse le labbra mormorando qualcosa che lui non capì e scese dal davanzale, i lunghi capelli neri nella brezza. E lui sentì un fuoco dentro di se.

Lei gli si avvicinò e premette delicatamente un dito sulle sue labbra. Poco dopo parlò e lui comprese. Comprese tutto. La prese per mano e la accompagnò per i corridoi della fortezza. Scale, porte, nascondigli e segreti. Tanti segreti, ma non per lui dato che viveva in quei segreti da quando aveva memoria. Le fece vedere i suoi alloggi, le cucine e tanto altro. Poi andarono nel luogo più importante, quello con una grande porta davanti, ma lui aveva le chiavi, perché era il suo lavoro. Ed entrarono, lui davanti e lei dietro e i suoi occhi di ghiaccio brillarono ancora di più. La sua pelle pareva come latte e il giovane si ritrovò a fantasticare ancora una volta. Poco dopo furono fuori, lei era felice col suo sacco pesante in mano, lui un po' combattuto. Ma ebbe un premio sulla sua guancia e il mondo svanì. Seppe benissimo di essere un idiota, ma decise anche che essere idiota per un motivo (dei tanti) in più non avrebbe cambiato le cose.

Ma magari si sbagliava.

E quindi passò del tempo. Lei venne altre volte, sempre verso la stessa ora. Sempre vestita allo stesso modo, pareva che il tempo fosse solo una stupidata per lei. Facevano il solito giro e qualche tempo dopo, sul davanzale, si trattenevano a parlare. E a sfiorarsi. Poi a toccarsi. Ogni tanto la sua pelle alabastrina si colorava di un rosso tenue mentre lui le sfiorava il gomito scoperto. Lei poi lo accarezzava con la sua mano sulla guancia e lui rideva. E ad entrambi brillavano gli occhi. Lui scoprì, col tempo, che lei aveva qualche anno più di lui, benché fra di loro potessero starci due oceani quanto a diversità della vita. E tempo dopo intrattennero quelle conversazioni anche altrove: qualche volta nelle prigioni o nella sua camera. Poi sulle scale dei corridoi dei servi o davanti alla porta del maestro d'armi. Sempre di notte.

E successe ancora e ancora, molte volte. Una volta lei prese l'iniziativa e lo baciò furtivamente sulla bocca; un'altra la vide sgattaiolare fra i tetti prima di venire da lui, agile e silenziosa come un gatto; un'altra volta lei, sorridendo, gli mise una mano poco più in basso e lui fu sul punto di scoppiare, poi, poco dopo, udì dei rumori e, tenendola per mano, la portò in una delle tante alcove nella fortezza. Rimasero lì per molti minuti, anche dopo che furono passate le guardie che si occupavano della ronda. Lui tenne entrambe le sue mani premute sulla bocca di lei per tutto il tempo, le mani inguantate di lei sulle sue braccia, mentre rimanevano immobili come statue di ghiaccio. Poi lei mise una mano dietro la sua schiena a sfiorare qualcosa e notò che qualcosa era cambiato, era più grande. Ma era l'alba e si separarono. Lui aveva le guance rosse come quelle di una volpe.

E si videro ancora e ancora. E lui, tempo dopo, capì che lei si intratteneva con lui per avere sempre quel sacchetto, tutte le sere. Non era stupido fino al punto di pensare che fosse lì per lui, ma lasciò correre. Mai porsi troppe domande sulle cose belle, gli dicevano. E poi una sera lei apparve come sempre, ma pareva triste, più del solito almeno. E lui non capì ma non se ne preoccupò. Ma passò un'altra notte e lei tornò ancora. Lei gli parlò di un cavallo e gli chiese di venirsene con lei, fuori dalla fortezza, a vedere il mondo. Lui tentennò ma pochi giorni dopo cedette e disse di si, lei parve un po' turbata. Lui aveva notato che l'umore di lei pareva peggiorare di giorno in giorno ma si disse che non erano fatti suoi, del resto pareva che le cose si fossero evolute fra di loro. E si accordarono per la notte seguente. Tutto sembrava normale.

Fece un piccolo fagotto con le sue cose e uscì col chiaro di luna, come la prima volta che si videro. Fece le strada che gli era stata detta. Lei era sotto un grande albero, vestita come sempre coi suoi indumenti stretti di pelle, sul cavallo. Ma era di spalle. E questo gli sembrò strano. Fra di loro c'era ancora un bel pò di spazio e lui si avvicinò. Poco dopo lei girò la testa guardandolo coi suoi occhi blu scintillanti ma non disse niente e lui non ne capì il perché. E si avvicinò ancora. E vide che lei aveva le labbra coperte da quella che sembrava una striscia di cuoio. E lui capì, anche se si considerava un idiota. Nel frattempo sentì una mano che gli chiudeva la gola in una morsa e un'altra appoggiargli un coltello alla testa. Il cavallo di lei si girò mostrando le mani inguantate di lei legate sul pomo della sella del quadrupede. Molte figure scure dietro di lei. Lei strinse gli occhi. Lui fu sul punto di piangere o di gridare, ma la stretta sul suo collo gli fece perdere i sensi.





Si risvegliò in una stanza buia, le braccia incatenate al soffitto, era completamente nudo. Lei era lì davanti senza vestiti, inginocchiata per terra. Aveva gli occhi rossi di pianto, un uomo le teneva un coltello tra i denti, minacciando cose terribili. Un altro stava mettendo un ferro nel fuoco rendendolo incandescente. Il giovane si lasciò scappare una bestemmia sottovoce.

Ecco i due piccioncini, la puttanella ladra e il servo innamorato. E idiota direi.”

Lui quasi rise, aveva proprio ragione.

Puoi rispondere alle nostre domande? Da quanto tempo questo malsano giochino erotico del cazzo va avanti? No perché, la stanza dell'oro pare essersi alleggerita...”

Il suo compare: “Come fai a dirlo? Mica la puoi sollevare, non ha sens-”

Zitto idiota, è una metafora. Lui portava la qui presente a rubare e lei, in cambio, gli faceva una sega o due. O qualcos'altro, boh. La cosa è divertente perché ho visto donne molto meno delinquenti di lei dare molto meno per cose più grandi, o non dare niente. Complimenti per la benevolenza, mi staresti anche simpatica, ma vedi... Il lavoro è lavoro.” Il giovane si accorse che colui che aveva parlato, quello che aveva il ferro in mano, era in realtà una lei. Non che cambiasse troppo.

Intanto il suo amico colse l'opportunità e mise una mano sul sedere della prigioniera per qualche secondo, ridendo di gusto. Il prigioniero si prese un pugno nei denti.

Allora mi rispondi? O vuoi che ti aiutiamo?” disse avvicinando la sbarra.

Non so da quanto, so che lei viene da un po' e prende dell'oro. E, magari, passavamo del tempo insieme...”

Ma almeno te l'ha data?”

Di che parli?”

Lei rise di gusto ma non rispose. “Troia ingorda. Ma dimmi piuttosto, ragazzino, come mai abbiamo trovato un sacco pieno nella tua stanza?” Lui sgranò gli occhi senza capire. La carceriera si avvicinò alla ladra, spostò il coltello e disse: “Racconta tutto ancora una volta, magari lui si rinfresca le idee, che palle!”

E lei raccontò di come lui in realtà l'avesse pagata come copertura per il fatto che era LUI, e non LEI, a rubare. Che la costringeva a quelle cose e che lei non aveva interesse per quell'oro.

Ma ti ricattava?”

Si!” Fu la pronta risposta. La carceriera ruttò e si mise a ridere. “Ti credo eh...! E tu che dici?”

Non è vero! Con che la ricattavo? Non esco da questa fortezza da quando mi ricordo di essere nato!”

Infatti, bugiarda del cazzo. Non ti credo. Perché non confessi? Magari evito di abbrustolirti la fregna.” La ladra pianse più forte senza rispondere, pareva nel panico. Passò qualche minuto, poi il palo parve avvicinarsi alla sua faccia, lei urlò.

NO NO ASPETTA CONFESSO!”

Confessi cosa?”

Tutto! Che ne so, quello che volete!”

Non hai fatto niente vero? Vuoi solo proteggerla, povero sfigatello.” Lui fu sul punto di negare ma strinse i denti. “Aahahah, ok. Una confessione vale l'altra.” E spostò il ferro vicino a lui.

E' così romantico!” Disse prima di infilare quella sbarra nell'occhio sinistro di lui.





Dolore. Dolore. Dolore.

Il suo occhio mancante pulsava. E lacrimava, lacrimava sangue, pus e uno strano liquido nero. E magari anche lacrime vere. Aveva paura degli specchi e passava il tempo rannicchiato in posizione fetale.

Questi bastardi mi hanno staccato un occhio...” E piangeva.

Lei era in un angolo, la testa sulle ginocchia. Lui si girò e vide che le dita della mano destra di lei erano scomparse. Tutto per nulla, o forse no?

Il mio occhio... Come cazzo faccio ora... Il mio fottuto occhio di merda!” Lei gli si avvicinò cercando di sfiorarlo coi moncherini della sua mano.

NO! Vattene!”

Mi dispiace.” Disse lei. “Avevo troppa paura, ma ti aiuterò, giuro.” Era calma.

Mai!” Altri singhiozzi. Lei pianse.

Dovevi essere tu...” Disse tra bava, singhiozzi e vomito. E sangue. “Dovevi essere tu...”





Qualche anno dopo una signora si stava ritirando a casa dopo aver fatto compere e per caso udì che i capi carcerieri della fortezza erano stati trovati morti di paura nei loro letti, moglie e marito. La signora sorrise e pensò che doveva essere proprio brutta una morte così. Dicevano di averli trovati con un'espressione demoniaca in viso, come se avessero visto il signore dei fottuti inferi in persona. Ma tornò a casa di buona lena. Entrò. Nella stanza c'era un uomo vestito di nero che pareva aspettarla da molto tempo, un cappuccio calato sulla testa e due spade, una corta e una piccola, alla cintura. Lei non si scompose troppo e sorrise.

La posso aiutare?”

Forse.” Disse una voce stranamente calda. Lui si tolse il cappuccio, il suo occhio sinistro era coperto da una benda.

Lei d'impulso avvolse la sua mano destra nelle pieghe del cappotto. I moncherini le prudevano.

Già, penso proprio di si.” Disse lui.



***



Alessandro parve svegliarsi dal coma. La canzone era appena finito ed era sudato, molto sudato. Gli pareva di averla distrutta quella batteria, ma eccola ancora là. Intanto la disegnatrice disse che aveva finito e sottopose al gruppo la sua opera. Una figura nera coperta da un'armatura, con un solo occhio e con una spada in mano si ergeva in un campo di battaglia rosso fuoco, come se si combattesse in un vulcano. Morti ovunque e sullo sfondo la figura evanescente di un castello pieno di guglie. Sembrava la copertina di un fumetto d'autore, nonostante il tratto violento. Davide baciò con trasporto la sua ragazza, come premio per quella roba. E tutti furono abbastanza felici, avevano la copertina del nuovo lavoro. Poi andarono al pub decisi a parlare del video che avrebbero girato di li a poco per il singolo One Eye. Alessandro prese la parola per primo dopo essersi scolato una pinta di birra rossa, cosa che nessuno gli aveva mai visto fare (non in così poco tempo).

Ho un paio di idee per il video.” E raccontò tutto.

Che roba malata, ma da dove l'hai presa?” Chiese uno.

Mah, un po' là e un po' qua.”

Fanculo tu e i romanzi merdosi che leggi.” Disse un altro. Ma tutti sapevano di aver risolto la questione del video.

Fossero solo quelli.” Rispose Alessandro.



Vendetta, il boccone più dolce che sia mai stato cucinato all'inferno.”

    - Walter Scott



Scarecrown, Parte Quarta