giovedì 29 marzo 2012

Andare Avanti

Andare Avanti

Colonna Sonora: The Spirit Carries On – Dream Theater (1999)



Torino, 25 Aprile 1911



... spezzando la penna.” Dissi.

Parlavo mentre scrivevo. Per convincermi, perchè sono amareggiato. Perchè ne ho bisogno.

La lettera ora è conclusa, la chiudo, la sigillo e mentre la guardo mi viene da ridere. Ovviamente è una risata priva d'allegria, isterica forse. E io di isteria ne so qualcosa. Ne so anche troppo. Quanti mesi sono passati da quando ho fatto internare Ida? Mesi? Anni? Non ricordo più nulla. Ricordo solo che una volta, esasperata, ha cercato di colpirmi con una bottiglia rotta. Ancora oggi non ne capisco il motivo. Ne lo ricerco, a cosa servirebbe?

A nulla. La risposta per molte domande.

La penna. E' ancora nella mia mano. E' interessante, non l'ho mai lasciata andare durante tutto questo tempo. Da quando avevo quindici anni... Ora quanti ne ho? Non ricordo nemmeno questo. Beh, in ogni caso finirà tutto. Oggi. Fra poco. E questa volta nessuno mi intralcerà o, giuro sui miei figli, che lo ammazzo.

Rido di nuovo pensando all'eventualità che gli stessi editori vogliano fermarmi. Avrei la scusa per ammazzarli. Quelle sanguisughe. Quelle serpi. Mi hanno rovinato, è una vita che speculano sulla mia pelle e io non ho mai saputo far nulla. Sono ancora ingenuo come un ragazzino.

Dannazione!

Mi scoprii digrignare i denti. Reazione normale. Mi alzo dalla sedia e butto la penna per terra. L'inchiostro macchia il pavimento. Chi lo pulirà? Poi mi dirigo nel bagno. Non mi sono ancora rasato. Comincio il rituale e in dieci minuti ho finito. Guardo il rasoio. Lo pulisco. Lo asciugo, lo metto in tasca.

Probabilmente oggi è l'unica giornata in anni e anni che non scrivo. Provo una strana sensazione. Ho l'impressione di sentirmi male ma so benissimo che non è così. Suvvìa... Mi hanno spremuto come un limone ogni giorno. Questa vacanza mi sembra irreale.

Mi vesto. In modo elegante, più che posso. Con il denaro che mi ritrovo non sono riuscito trovare roba migliore di quella che ho addosso. Mi dirigo in soggiorno e guardo la libreria. Uno scaffale o due è solo roba che ho scritto io. E' imponente. Anche a me stesso.

Tutto ciò che rimarrà...

Mi viene da piangere, ma cerco di trattenere le lacrime. Non voglio mostrarmi debole davanti a loro. Non lo meritano. Alla fin fine è tutto ciò che lascio. Quelle centinaia di lire destinate ai miei figli non contano nulla.

Prendo il cappotto ed esco di casa. E' mattina presto. Non incontro nessuno nel tragitto, tanto meglio. Non avrei salutato nessuno. Mi dirigo dove voglio andare con andatura spedita, non riesco ad attendere oltre. E' diventato un bisogno quasi morboso. Ho calcolato tutto nei minimi dettagli da diversi giorni. E ora che ci sono vicino fremo come un bambino che sta per aprire un pacco regalo.

E che regalo...

Bosco della Madonna del Pilone. Un bel posto. Anche per morire.

Da qui si vede un'alba bellissima, basta alzare lo sguardo. Un posto così non l'ho mai visto. Anche se, in fondo, ho viaggiato poco. E sembra davvero un paradosso...

Il posto lo scelgo con cura. E' una radura sotto un burrone. E' il punto dove, quando albeggia, il sole si vede meglio. Getto il cappotto a terra. Getto a terra il soprabito. Come i panni sporchi e luridi che sono. Mi sbottono la camicia. L'aria mi carezza la pancia come una donna.

Prendo il rasoio dalla tasca. Lo guardo. Poi strappo una striscia dalla camicia, dalla parte che sta di tergo e comincio a fasciare l'impugnatura. Non ha un motivo particolare: è solo che nell'illustrazione che ho visto la lama del guerriero era fasciata. Termino con un nodo. Ricordo ancora come si fanno. Come sulla mia vecchia nave...

Mi inginocchio. Come si chiamava questa posizione? Dannazione, l'ho letto ieri... Nella biblioteca. Ah si, si chiama seiza.

Il seppuku è una cosa che si fa in due, quando un samurai decide di togliersi la vita. Si inginocchia, avvicina tre volte la spada corta, la wakizashi, alla pancia per calmare il suo spirito e affonda, proprio nell'ombelico. Proprio nel punto in cui c'era il cordone ombelicale. La ciclicità della vita.

Una volta che ha affondato il pugnale, la mano sale e squarcia la pancia, in seguito la lama viene portata verso la destra squarciando ancora l'addome. Se il taglio è eseguito correttamente le visceri escono fuori. Infatti è una regola di cortesia suicidarsi a stomaco vuoto, per far sì che le visceri non puzzano. E io sono a digiuno. Anche se penso che nessuno mi guarderà... Non c'è nessun daimyo, nessun porta-spada. Ci sono solo io. Io e le foglie. Come quelle che cito nei miei romanzi.

In seguito il migliore amico del samurai, o semplicemente un uomo adibito a farlo, esegue il kaishaku, ovvero il taglio netto della testa. Con un solo colpo di spada. Ho sentito che le lame nipponiche sono affilatissime. Si deve morire di lusso con quelle. D'istinto l'occhio mi cade sul rasoio.

Ben povera spada. Si dice che la spada del samurai sia la sua anima.

E' dannatamente vero. Ecco lì la mia anima. Piccola (l'ingenuità), poco affilata e anche discretamente sporca nonostante la lavi ogni giorno. E' quello che mi merito.

Noto che il cielo comincia a cambiare colore. E' ora.

Espongo per bene l'addome. Impugno il rasoio, per come posso, a due mani. Lo avvicino la prima volta. L'amarezza.

Lo avvicino la seconda volta. L'odio.

Poi la terza e ultima volta. Il futuro.

Cosa rimarrà di me? Cosa diranno i posteri di un povero vecchio che si è suicidato perchè non ne può più di una vita di stenti? Di una persona che parla di luoghi lontani senza averli visti?

Domande di cui non conoscerò mai la risposta. Ma un pugno di certezze mi rimangono. Qualcuno mi ricorderà. Chiunque leggerà qualcosa di mio, chiunque sarà nelle mie condizioni, chiunque abbia voglia di morire... Penserà a me. Lascio ai posteri la mia opera magna e il mio disprezzo. Perchè ormai non m'è rimasto altro.

Di me rimarrà anche la protesta. Verso una vita ingiusta e verso delle persone che avrei voluto strangolare come fossi un thug.

Per tutto ciò il mio spirito andrà avanti.

Affondo la lama nell'ombelico. Mi scoppia tutto, mi si annebbia la vista, grido. Nessuno mi sente. E' un dolore atroce e lancinante. Come nascere... All'improvviso mi tocca un pensiero stupido. Forse è la morte che si burla di me: perchè non ho mai scritto di samurai e guerrieri nipponici? Altra domanda senza risposta.

La mia convinzione vacilla. Il mio istinto d'autoconservazione vuole fermarmi, ma io sono più forte. Almeno ora, una battaglia la devo vincere. Muovo il rasoio verso l'alto. Sangue ovunque. Poi lo sposto ancora. Altro sangue. Comincio a vederci doppio. Comincio a piangere, voglio vomitare. Vedo delle cose che sembrano serpenti uscire da me. Sputo una bolla di catarro rossastro e puzzolente. Libero il rasoio.

Chi mi taglierà la testa? Chi sarà il mio kaishaku-nin?

Sarò io. In mancanza d'altro ci si deve arrangiare. Ma come farò a tagliarmi la testa con una lama così. Al diavolo...

Mi conficco il rasoio nella carotide e, con l'ultima forza rimastami, cerco di squarciarmi la gola. Mi accascio a terra sputando ancora sangue. Guardo il cielo. Il sole è bellissimo...



[…]



Emilio Salgari aveva lasciato indicazioni per trovare il suo corpo su una lettera. Il suo cadavere venne scoperto dalla lavandaia.


Nota a parte: questa è la mia storia preferita (intendo che è quella riuscita meglio).

Accortezze

Le storie sotto quest'intervento (Una Piuma Pesante, Io sono Dio, La Tomba dell'Assassino) sono fanfiction ambientate nell'universo del videogioco di Assassin's Creed. Detto ciò, se ancora volete leggerle, sarà probabile che non capirete tutto (se non avete giocato al videogioco, ovvio). Beh volevo dirlo. Però non dimentico di dirvi che le prime due citate possano essere capite quasi perfettamente. Sconsiglio invece la lettura della terza perchè è prettamente collegata ad un preciso punto del videogioco. Ci saranno altre due o tre storie relative ad AC, ma poche. Il resto è tutta farina del mio sacco.

venerdì 23 marzo 2012

La Tomba dell'Assassino

La Tomba dell'Assassino


Colonna Sonora: Sonata Arctica – Blank File (1999)


La porta si richiuse pochi secondi dopo con un tonfo, Ezio sospirò. Un sospiro di sollievo. La terza volta è stata quella buona. Dopo un pò ti abitui al percorso e impari come devi fare per raggiungere il posto che ti interessa.

E' stato difficile, molto difficile. E più ci pensa più non riesce a capire come sia possibile che una tomba sia difesa da questi meccanismi assurdi, come era possibile? Gli venne in mente Leonardo da Vinci e quell'assurda sua macchina che lui diceva servisse per volare.

Cominciò a camminare, l'atmosfera sporca e chiusa lo fece sentire male, ogni volta che entrava nella tomba di un illustre assassino sentiva quella sensazione come di claustrofobia. E se non ne uscissi più? Pensava sempre. Sepolto insieme al morto. Condannato a morire di fame e sete.

Si sentì male e gli venne da vomitare. Lo fece pochi passi dopo.

Entrò nella camera funeraria. La statua imponente di un uomo con l'arco sembrava spiarlo, fargli capire quanto era grande.

Qulan Gal, assassino mongolo. L'assassino che uccise il più grande conquistatore che la storia conosceva, Gengis Khan “l'imperatore oceanico universale”. Gal riuscì nella sua impresa colpendo semplicemente il cavallo del condottiero con una freccia (arma primaria del popolo mongolo).

Solo a pensarci era fantastico. Fa capire come siamo tutti uomini in fondo, uomini deboli. Vicino alla tomba vide quattro forzieri, li svuotò rapidamente.

Bene, ora posso comprare quell'armatura!” Disse a voce alta, come per essere sicuro di esistere in mezzo a quel posto ormai dimenticato da Dio e dagli uomini. La Rocca di Ravaldino, in piena Romagna.

Come aveva fatto un assassino mongolo a finire in Italia? Come avevano fatto tutti gli altri assassini ad essere sepolti in Italia (aveva trovato un cinese, un persiano e sapeva che ancora all'appello mancavano un'egiziana e una babilonese più il romano)?

Era molto strano. Quasi come il codice, ma aveva scoperto perchè il codice era in Italia e perchè era spezzettato. Ma gli assassini?

Ci aveva pensato molte volte, senza trovare risposta.

Guardò la statua, ispirava una riverenza come se ci si trovasse di fronte ad un re. Ezio Auditore, il più grande assassino italiano del periodo si sentiva una nullità si fronte a quell'imponente statua. Si inginocchiò per omaggiarlo. Per omaggiare quella statua che non verrà mai più vista da alcun essere umano. Ma più.

Gal, come tutti gli altri e come Ezio, sarebbe stato condannato ad essere per sempre dimenticato. Questo significa essere assassini, cambiare il mondo ed esserne dimenticati. Era ingiusto, ma era necessario.

Azionò il meccanismo e aprì il sarcofago, lo invase un odore di muffa, prese il sigillo rotondo. Come gli altri era rotondo, di marmo e raffigurava un arco e delle frecce. Un altro tassello per prendere la leggendaria armatura di Altair che aveva letto essere stata creata con una mela. Una mela? Non c'aveva mai pensato. Che centrava una mela lì? Presto lo avrebbe scoperto.

Mise il sigillo nella bisaccia, salutò di nuovo il grande assassino.

Forse anche io sarò seppellito lontano da casa, dimenticato da tutti. Condannato all'oblio.”

Ora la statua gli ispirava solo una tristezza infinita. Gli assassino condannati all'oblio. Che viviamo a fare se non lasciamo nulla dietro? In pochissimi avrebbero saputo.

Aprì la botola e scomparì sotto di essa.


***


Saburo Itto, assassino giapponese, riuscì ad arrivare in cima alla costruzione. Scalare il castello di Osaka era stata la cosa più difficile della sua vita, ma ne valeva la pena. La statua dell'assassino torreggiava su di lui.

Non lo conosceva benissimo, ma sapeva che aveva fatto grandi cose. Aprì il sarcofago e prese ciò che cercava.

Guardò la statua per averla ben impressa in mente.

Grazie mille Ezio Auditore da Firenze. Del tuo regalo farò tesoro.” Disse inchinandosi.

Sfondò la finestra e si gettò nel vuoto. Le guardie lo videro cadere nel fossato.

sabato 17 marzo 2012

Io sono Dio

Io sono Dio



Colonna Sonora: Es Wird Schlimmer - Die Apokalyptischen Reiter (2008)



Per il mio primo incarico sono tranquillissimo.

Ho sentito di gente che al primo incarico se la cagava sotto dalla paura o di novizi che nel momento della verità divenivano preda delle emozioni ed esitavano, compromettendo tutto il lavoro. Ma non io e non oggi.

Questa mia freddezza è molto ammirata dal maestro, forse è la qualità che preferisce di più in me. Una qualità rara.

Sistemo l'equipagiamento: allaccio la spada lunga alla cintura, sistemo il pugnale sulle spalle, controllo se i miei coltelli da lancio ci sono tutti, faccio scattare la molla della lama. E' tutto in ordine.

Il mio obiettivo è un certo Sebastien. Un tedesco, di cui non si sa nè come nè perchè, che si occupa di gestire un bordello nel quartiere povero di Damasco. Il maestro non mi dice cosa ha fatto, nè perchè merita la morte, ma la cosa non mi interessa. Il mio compito non è fare domande, è agire.

Esco dalla fortezza col sorriso sulle labbra, gli altri mi guardano stupiti. Certa gente non riesco proprio a capirla.

Arrivato al cancello prendo l'unico cavallo e mi fiondo verso Damasco. Durante il tragitto incontro diversi soldati che mi riconoscono, ma riesco a seminarli. Al tramonto arrivo a Damasco. Scendo da cavallo e mi guardo intorno. E' la prima volta che vengo quì, ma so già cosa fare.

Avvisto un gruppo di uomini in bianco che si muove verso il grande cancello sorvegliato da guardie. Mi unisco, loro non proferiscono parola. Arriviamo subito davanti alle guardie, incosciamente mi viene da toccare il meccanismo della lama. Una volta dentro mi stacco dai religiosi e imbocco il primo vicolo alla mia destra. Qualche minuto dopo sono sul tetto.

Secondo le indicazioni di Al Mualim, la dimora degli Assassini si trova nel centro esatto della città. Comincio la mia corsa. Avevo già provato a saltare sui muri, correre sui tetti, ma farlo in una città affollatissima e piena di guardie è un'altra cosa. Mi sembra di volare...

La dimora degli assassini ha l'ingresso sul tetto. Entro e parlo col rafiq. Mi dice tutto ciò di cui ho bisogno e mi augura buona fortuna.

Racolgo informazioni fino a tarda notte poi decido di attuare il mio piano.

Un informatore mi ha dato una mappa che mostrava anche i punti in cui si trovavano le guardie che circondavano la struttura(guardie in un bordello?? forse questo Sebastien ha davvero fatto qualcosa).

Sono cinque, le faccio fuori tutte piantando la mia lama nella loro schiena. Muoino prima di poter solo capire cosa è successo. Trovo la botola. Scendo.

Un altro informatore mi ha dato la piantina della costruzione in cambio di un favore. Arrivo alla stanza da letto di Sebastien, entro senza fare rumore.

Lui è seduto su un tavolo a scribacchiare qualcosa, assorto nei suoi affari, non mi nota. Camminando verso di lui noto una croce di colore rosso su uno scudo appeso al muro. Che genere di blasone era? Che ci faceva lì? Poco importa, sono a soli tre passi da lui. Faccio scattare la lama, con la mano destra gli artiglio la spalla e lo faccio girare verso di me, carico la lama.

Davanti a me un vecchio emaciato e pallido, con lo sguardo spento. Le sopracciglia corrugate da un'espressione di paura e sconsolatezza. Il naso era percorso da una cicatrice, la barba incolta e brizzolata arrivava alla base del collo. Visibilmente scioccato. Deve aver capito.

Sembra paralizzarsi, sgrana gli occhi. Vedo il terrore fin nella sua anima. Probabilmente aveva provato a gridare ma la paura deve avergli intorpidito la lingua. Siamo rimasti in quella posizione per alcuni secondi. Lo vedo quasi invecchiare di colpo. Quest'uomo ha una gran paura della morte, dell'ignoto. Come dargli torto, da lì a qualche minuto sarebbe stato buono per concimare i campi.

Il mio sguardo è severo, freddo. La mia testa stava calcolando tutte le possibilità di quella situazione e le stava valutando. Mai farsi prendere dalle emozioni nel mio lavoro, ora capisco perchè. Eppure...

Quello sguardo terrificato me lo stavo godendo. Era bello, mi faceva stare bene, mi sentivo padrone di un'altra vita. Decido di farla finita, poi la porta dietro di me sbatte ed entra una ragazza.

<< Padron- >>

Si blocca di colpo nel vedermi, come il vecchio. Potrei uccidere anche lei in un lampo, ma non ne ho motivo. Mi ha visto certo, per una mia imprudenza, ma la paura non l'avrebbe fatta parlare. La fisso, lei non regge il confronto e si accascia svenuta. Torno a guardare il vecchio, come pietrificato.

Il potere di dare la vita e di toglierla. La facoltà di avere la vita di una persona nelle tue mani. Io sono padrone di tutto ciò. Io sono Dio.

Calo la lama nel suo occhio destro e il sangue sprizza come da una fontana.



domenica 11 marzo 2012

Una Piuma Pesante

Una Piuma Pesante



Colonna Sonora: Only for the Weak - In Flames (2000)



Le parole del maestro ti hanno scosso. Un nuovo incarico. Un incarico semplicissimo, un semplice assassinio di una puttana, eppure sembri perplesso, distratto. Il maestro capisce, te lo fa notare. Tu non rispondi, abbassi il capo in segno di sottomissione, accetti; non puoi fare altro.

E' un incarico particolare. Nonostante tu sia un Priore il maestro ti ha designato per l'omicidio di una semplice prostituta. Una donna inutile, che vive ai margini della società, una donna che potrebbe essere uccisa da chiunque, anche da un assassino inesperto. Una missione per cui non serve nemmeno la raccolta di informazioni, perchè la conosci bene...

Esci barcollando dalla fortezza di Masyaf, prendi il primo cavallo che trovi, non rispondi ai tuoi fratelli. Lanci il cavallo in una folle corsa verso Damasco. Non vuoi pensare. Mentre ti muovi ti ricordi che hai dimenticato gran parte dell'equipaggiamento. Non hai la spada, i pugnali da lancio, la spada corta. L'unica cosa che hai è la lama nascosta, l'arma primaria degli hashashin. Ma per il compito che ti accingi a concludere è più che sufficiente.

Arrivi alle porte di Damasco, scendi da cavallo. La porta sulle mura è controllata dai soliti soldati che ormai hai imparato a riconoscere. Non vedi eruditi in vista, devi entrare dalla porta di servizio. Fai un giro, trovi il punto esatto, trovi l'impalcatura in legno, cominci a salire. Il tuo equilibrio vacilla, stai per cadere, ma abbandoni i pensieri che ti stanno uccidendo e salti sui legni sopra i due sfigati che stanno facendo la guardia. Entri.

Ti butti nel vuoto, atterri male e rotoli. I soldati si girano scombussolati ma tu sei già altrove. La tua destinazione primaria è il rafiq della città di Damasco. Non sai nemmeno tu perchè lo avvisi dato che non serve. Gli dici tutto. Lui annuisce e ti porge la piuma (a che serve?), un attimo dopo sei già in strada.

Non hai voglia di camminare sui tetti, non c'è nessuno in questa notte senza luna. Mentre cammini vieni assalito dai ricordi. Ricordi che ti avevano cullato in queste innumerevoli notti insonni ma che ora ti scavano dentro. Il maestro ha ragione. Hai sbagliato, devi rimediare. E' un conflitto interiore. Il cuore ti dice che stai sbagliando, tutto il resto dice che sei nel giusto, che non devi temere nulla. Allora perchè ti senti male? Perchè hai la nausea? Perchè non hai le palle.

Questo pensiero ti fa sussultare. Arrivi al bordello, lei è in strada, le mani sul grembo leggermente rigonfio. Guarda a destra e a sinistra, poi ti vede. Tu scatti.

<< Altaïr- >> Dice prima che tu le tappi la bocca per non farla urlare, per non farla parlare. Non vuoi ascoltarla. Fai scattare la lama nascosta e il braccio scatta verso l'addome rotondo della donna. In questo ultimo attimo subisci un ultimo incredibile assalto di ricordi, ricordi felici che però sono in procinto di morire.

Lo sapevi che eri in errore e stupidamente cercavi scuse. Speravi che Al Mualim non lo sapesse mai, ma due giorni dopo il primo incontro sapeva già tutto, il terzo aveva già posato la piuma, quella fottuta piuma, su di lei.

<< E' inevitabile. >> L'unica cosa che sai dire.

La lama penetra come nel burro, il sangue schizza da tutte le parti, ti macchia. Lei muore in pochi secondi, senza poter gridare, senza poter abbracciarti. Lei muore e con lei muore la parte debole di te. Sei un assassino, una persona il cui compito è far morire la gente, non hai tempo per queste sciocchezze da donnette. Quando togli la lama ti senti meglio. Non senti più il peso che ti gravava addosso. Ti senti libero.

Il tuo nome è Altaïr Ibn-La'Ahad e fai parte della setta degli assassini. Tu non hai cuore, sei solo una lama nella folla.



sabato 3 marzo 2012

Open the Gates!

Open the Gates!



Colonna sonora: Whispered - Blindfold (2010)



La terza birra sa sempre di piscio. La seconda sa di acqua. Solo la prima sa di birra. Se poi continuiamo scopriamo che la quarta sa di vomito, e così via. Fino a chè il solo pensiero di immettere liquidi nel corpo ti fa rabbrividire più di una rissa con Mike Tyson. Ma a quel punto di solito sei già partito. E a quel punto di solito vorresti solo dormire.

Ma non oggi, non stasera. Ho un impegno programmato. Devo fare qualcosa di molto importante. E' quasi come un rituale. Un impegno scandito da una sorta di orologio biologico. Una cosa che, a dirla tutta, adoro fare.

Perchè, magari chiederete. Ma chi se ne fotte del perchè. E' una parola vuota, senza significato. Una convenzione adottata da animali bipedi eretti che si divertono ad inneggiare pezzi di carta, che con una mano danno qualcosa e con l'altra tengono il pene di qualche ragazzino. No, il perchè non importa.

Butto la settima bottiglia mezza piena (o mezza vuota?) contro una parete. Il liquido si sparge per terra. Sul muro mi pare di scorgere una crepa. Sarà qualcosa come la quarantesima birra mezza piena (o mezza vuota?) che ci butto in cinque anni. Mi alzo da terra, sudato come un animale. Mentre mi alzo guardo la poltrona vicino a me e penso al perchè ero seduto per terra, ma ancora una volta... non importa.

I vestiti appicicaticci addosso, i capelli arruffati che non lavo da almeno cinque giorni si attaccano sulla mia fronte madida di sudore. Barcollo verso il tavolo, pronto con l'attrezzatura, quasi mi ci accascio. Come posso iniziare conciato così? Bah... La mia testa si gira, incontra quella cosa, una cosa che non ci deve essere, ma che puntualmente piazzo lì. La cornice è sgretolata in più punti, la foto immacolata.

Vaffanculo.

La schianto fuori dalla finestra, sulla strada. Sento un rumore quando cade, un rumore diverso dal solito, forse ho colpito qualcosa. Facendo forza sul tavolo mi alzo e rido pensando a quanti altri voli sarà costretta a fare quella foto del cazzo, foto che non riesco a distruggere, nè a dimenticare.

Nel mettermi eretto l'occhio cade sul manifesto dell'ultimo concerto, risalente a quattro mesi e mezzo fa. Ci sciogliemmo una settimana dopo per una cazzata che nemmeno ricordo. Brutti figli di puttana, andate a farvi fottere! Il manifesto aveva scritto sù:

Scarecrown Live at Danish Pub, *********** City

29/12/200Y

Decido che il poster può restare. E' figo, è grande e l'immagine del teschio in sottofondo è dannatamente cazzuta. Ok, ho perso troppo tempo, è ora di iniziare. Sposto tutti gli attrezzi. Tutto è collegato ad una presa vicino al terrazzo. Credo di averla sovraccaricata, magari esplode. Collego il cavo alla mia Molly. Ok, sono quasi pronto. Mi metto i guanti da motociclista, mi tolgo la maglietta dei Maiden e la butto per terra, tanto umida da sembrare merda, e rimango così. A torso nudo. Come i guerrieri vichinghi Berserkr che andavano in battaglia strafatti da qualcosa roteando un'ascia affilata come una forchetta.

Ma la mia non è una guerra, anche se il mio intento è farla divenire tale. Ok, sono pronto. Esco fuori, sul terrazzo. La brezza d'inizio inverno mi investe come un autotreno, mi sento smarrito, mi sento male. Il freddo punge come mille pugnali. Ma non c'è niente di meglio per smaltire una sbornia non voluta. Imbraccio Molly, i cavi sono lunghi abbastanza da arrivare al tetto.

Mi arrampico e arrivo sul tetto, Molly attaccata a me. L'adrenalina comincia a fare effetto, quasi senza motivo. Mi erigo sulle tegole. Mi sgranchismo le mani. Premo il pulsante, prendo il plettro. E' tutto pronto!

Prima di iniziare guardo la luna piena, tanto piena da oscurare le altre stelle. Notte da licantropi, mi avrebbe detto mio nonno, che aveva da scherzare su tutto. Aveva scherzato anche sul suo primo infarto. Ma non l'aveva fatto sul secondo.

E' questione di attimi. Assaporo il freddo, il dolore, la scarica interna, la sensazione di non poter quasi respirare e la cerco di assaporare la sensazione che proverò fra qualche minuto, quando avrò aperto i cancelli dell'Inferno. Inferno, Meifumado, Tartaro, Ade ecc. Tanti nomi per un solo concetto... Di nuovo, le parole sono solo convenzioni, valgono meno di nulla. Ho solo voglia di farlo. Non esiste nient'altro. All'inizio pensavo fosse per lei, ma sono solo stronzate. Lo faccio per me, lo faccio perchè ho sempre desiderato farlo e cercavo solo una scusa per iniziare. Perchè se non mi sprona qualcuno non ho le palle di far nulla. Faccio abbastanza schifo. Ma che importa. Falla gridare quella puttana! Mi diceva la testa, come ai bei vecchi tempi. Quando bestemmiare era una moda e quando era moda anche indossare croci rovesciate e altre stronzate. Tutta immagine, tutta scena. Qualcosa che rovina tutto. Ma oggi porterò tutto all'essenza, tutto come deve essere. Tutto ciò di cui ho bisogno è Molly. Fortuna che non piove.

Falla gridare quella puttana!

Ok sono pronto. Starnutisco. La mano sinistra è a penzoloni, il "macello d'apertura" (come lo chiamavo io) lo facevo sempre al naturale, come un bambino appena uscito dal grembo di una madre morente. Alzai il plettro. Controllai gli strumenti, era TUTTO al massimo. Rilasciai la mano, sfregai sulle corde, talmente forte che mi venne un capogiro e la musica (il rumore?) mi investì in tutta la sua forza. Fu come un tuono, un flumen in clausola o come cazzo si dice. Lasciai che le onde si propagassero del tutto, che tornasse il silenzio ancora un attimo, un solo secondo. La calma prima di una nuova tempesta. L'inferno dopo un breve paradiso. E penso ancora, perchè lo faccio?

Perchè è l'unica cosa che mi fa sentire VIVO.

Ciò presuppone che mi senta morto e allora si potrebbe pensare che io sia solo un mentecatto bastardo e coglione.

Un nuovo macello trancia in due i miei pensieri senza senso come una spada fa a pezzi un uomo urlante. Non ho bisogno di pensare. Pensare è la cosa più stupida che ci possa essere. Non devi pensare. Devi agire. Non devi sapere, l'ignoranza è un bene. Devi fare!

I miei ultimi pensieri. Partì l'assolo. Nella notte fu come se un demone picchiasse una mazza ferrata contro ogni casa. Fu un mare in tempesta, fu una guerra, la terza guerra mondiale, la quarta, la quinta e anche la sesta. Tutte insieme. Non si poteva dormire durante la guerra. Fu una nuova Sekigahara, un nuovo macello compiuto in nome di Dio.

Ci tengo a precisare che non stavo andando a casaccio, seguivo la mia parte di When the Silence is Loud! Nostra canzone iniziale, serve a scaldare il pubblico e serve a farci ridere mentre la gente si spintona sotto di noi. E' da sballo.

Le mani si muovevano come automi, le dita sfregavano dannatamente forte. Mi accorsi di perdere sangue, i polpastrelli non erano più quelli di una volta. Vabbè, poco importa. Mi sento figo a suonare mentre sanguino. Mi sento forte. Mi sento VIVO. Cominciai a sentire, nel casino generale, gente che gridava, vidi gente uscire dalle case di quel bel quartiere di ************.

Le vidi imprecare verso di me. Non erano ancora abituati. Ogni 25 accadeva e ancora non erano soddisfatti. Più volte avevano minacciato di chiamare la polizia e io mi fermavo per paura. Ma non oggi. Oggi è un anno esatto. Oggi continuerò fino a farmi sanguinare ogni poro del corpo. Il suono contundente di Molly continuava imperterrito. I guanti mi presero fuoco. No no, è solo la mia immaginazione. Perchè i guanti dovrebbero andare a fuoco? Il perchè non importa. Ho fatto quanto dovuto, ora me la spasso.

Un quarto d'ora dopo di un assolo allucinante che mi fece capire di stare male vidi delle luci blu e rosse in lontananza. Risi. Poi urlai, un suono gutturale, un animale ferito. O Solo un coglione. La mia parola fine a tutto questo. Il vento continuava a toccarmi. Mi inginocchiai, attento a non cadere dal tetto. Grandissimi figli di puttana.

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Quando lo raccolsero e lo portarono indietro stava ancora ridendo in modo convulso.



Introduzione

Salve a tutti. Sono Yojimbo. Ho aperto questo blog principalmente per pubblicare le mie storie (e non solo). Si, mi piace scrivere. E' roba un pò strana, cose che piacciono a me. Quindi non rompete. Ci saranno tanti riferimenti al Metal nelle mie storie e vi consiglio di sentire la colonna sonora del testo che state leggendo.

Vi ODIO (a priori).