martedì 26 giugno 2012

Sangue sui Tasti

Sangue sui Tasti

Breve storia di un sognatore



Sputare sangue è come mangiare un pezzo d'acciaio. Il sapore è lo stesso.

Lo si prova da giovani. E' normale leccarsi le ferite: cadi per terra, ti sbucci una mano e che fai? Cominci a leccare la piccola ferita, come se potesse davvero fare qualcosa. Io lo provo tuttora e ormai, anche se capisco bene che ha un buon sapore, non mi dice più nulla. E' sempre così, l'abitudine massacra sempre ogni cosa. E dire che l'essere umano basa la propria vita su di essa...

Ora per esempio. Il montante che ho ricevuto sul mento mi ha spento le luci per un attimo ma sono riuscito a non finire KO. Dio come vorrei sputargli addosso tutto, magari per accecarlo. Ci provo. Lo manco. Barcollo. Mi riprendo.

Accorcio la distanza con un circolare diretto al fianco, lui si difende bene bloccandomi la gamba. Poi mi spazza l'altra, sono a terra. Si getta su di me come un lupo famelico, cerca di mettermi in leva il braccio ma mi libero. Riesco a rotolare sul fianco e a rialzarmi, seguito subito dall'avversario. Lo aspetto. L'altro non si fa attendere: abbozza un frontale, una finta di lato e poi cerca di entrare con un diretto seguito da un gancio. L'ultimo pugno è talmente forte che, parandolo a mano aperta, mi apre un graffio sulla mano nuda, comincio a sanguinare. Stringo il pugno per non farlo vedere. Ma lui se ne accorge.

Vengo spinto indietro e lui continua ad incalzarmi. Sembra aver finito di provare a buttarmi al suolo. Altra scarica di pugni, paro anche con la mano sanguinante, la ferita si allarga e mi scappa un gemito. Altra scarica di colpi, non riesco a reagire. Poi arriva, puntuale e rapido. Una martellata sulla tempia che non avevo visto. E tutto diventa buio.



**



Quando mi sveglio la prima cosa che faccio è imprecare tra i denti, poi mi alzo e mi guardo intorno. Non ho bisogno di chiedere nulla. Mi hanno anche lasciato solo. Sul tavolo vedo un biglietto in cui c'è scritto solo un numero. Un gigantesco “1”. Mi cambio e mi ficco il foglio in tasca.

Vado a casa. Anzi il monolocale, apro il cassetto in alto. Ci sono altri fogli con tanti numeri grandi scritti sopra. Sono in ordine decrescente e partono da un cinque. Il solo guardarle mi deprime. Ho una gran voglia di piangere, ma non lo faccio perchè non serve a nulla. Vado invece al piano.

Soffio sui tasti per togliere qualche granello di polvere. Appoggio le dita, poi vedo la fasciatura sulla mano. Incomincio la Toccata ma sento una fitta.

Non me ne importa nulla. Continuo a suonare e intanto la ferita si riapre, il sangue filtra la garza. Il sangue finisce su un do. Ma neanche questo mi ferma. Gemendo in silenzio continuo, finisco il pezzo. Poi prendo un panno e pulisco il piano. Ma il sangue è incrostato, ci metto un po' di tempo. E' ora. Stasera devo andare al locale.



Neanche mi preparo. Non ne ho voglia. Io vado lì per suonare, non per farmi vedere. Una semplice maglietta e dei pantaloni sporchi. D'altronde come posso vestirmi bene con quello schifo che mi pagano. Dio, come li odio. Almeno quanto quel coglione che conoscevo ai tempi delle medie. Quello spocchioso brufolo bigotto. Se non l'ho gonfiato solo Dio sa perchè.

Quando incrocio il primo nella sala quasi mi viene voglia di strangolarlo. Non lo saluto, quasi non si accorge di me. Mi avvicino al piano, o meglio a quello schifo di pianola scassata. Almeno un terzo dei tasti non funzionano. Mi siedo e comincio a picchiare sui tasti, con forza.

Una scala blues qua e là, un paio di virtuosismi del cazzo e riesco ad avere il mio stipendio. Rido mentre prendo le banconote. Non avrete quello che davvero so fare. Non con questo schifo di strumento e con questa paga di merda. Preferisco fare il barbone. Esco.

Una volta a casa combatto con il mio piano. Ci scambiamo prima colpi leggeri, poi ci andiamo giù pesante. Le urla sovrastano tutto e mi sento in pace con me stesso. Ora posso andare a nanna. Domani dovrò suonare un altro avversario. O magari lui suonerà me. E' solo dialettica.



Eravamo un duetto perfetto. Lui suonava e io cantavo. Questa volta me ne avevano messo uno troppo grosso. Come tutte le altre volte... Ma sono contento nonostante tutto. Combattere quando è inutile è molto più divertente, perchè non hai nulla da perdere (ormai...). E' quella consapevolezza che ti viene quando sai che hai troppo problemi per preoccuparti seriamente di uno solo di essi. Poi scivolo di nuovo nel buio.

Al mio risveglio trovo il solito fottuto biglietto, senza numeri stavolta. Solo una scritta.

Domani

Decido per un'ultima sera. Anche se sono pieno di cerotti, fasciature, garze, quasi senza un occhio. Vado dal capo e gli dico che suonerò gratis. Lui sgrana gli occhi e mi offre un boccale di birra. L'ultimo sorso glielo sputo in faccia. Queste sono le soddisfazioni della vita. Mi metto a suonare, l'hanno aggiustato? Giusto in tempo. Qualcosa di introduttivo, poi entro nel vivo con la composizione che ho finito ultimamente. C'ho messo più di tre anni per comporla, c'ho messo tutto me stesso e anche qualcos'altro. Perciò è lunghissima e tortuosa. Ci vorrà del tempo per finirla... Ma tanto ho una serata...

E' bellissima. Me lo dico solo. La mia unica soddisfazione in questa vita pallosa. Ma almeno prima di crepare potrò dire di essere stato felice. Per una sola serata. Ma è vero quel che si dice. E' meglio estinguersi in una vampata che spegnersi lentamente. Verso la fine, per la tensione, un po' di cerotti si staccano, le ferite si riaprono. Comincio a macchiare di sangue il piano. L'unghia rotta (quando mi si è rotta?) mi fa un male cane, ma non è una scusa per interrompere. La mia faccia dipinge il bianco dei tasti mentre finisco. Sono tutto sanguinante e respiro a fatica. Sono stanco. Mi alzo. Tutti mi guardano estasiati: non so se sono stupiti per la melodia o per la mia faccia. Sicuramente entrambe le cose. Un essere informe mi chiede uno spartito. Comincia a prendere una sega elettrica. Dico indicando la mia testa. Poi me ne vado barcollando.

Fuori c'è la sua macchina ad aspettarmi. Vengo gentilmente invitato ad entrare. Mi siedo di fianco ad una signora bionda sui trent'anni che sembrava uscita da una festa organizzata da Bill Gates. Anche molto bella. Cerca di parlarmi con quei suoi bellissimi occhi verdi, dato che le sue labbra erano sigillate da un pezzo di nastro adesivo argentato. Buona sera. La saluto. Lei non è d'accordo. Al solito posto? Chiedo al tizio accanto all'autista. Lui annuisce silenziosamente. Il viaggio dura pochi minuti, tutto intervallato dalla giovane donna che borbottava qualcosa. Arrivati davanti ad una rupe ci fa scendere. Lo chiamavano il Corno. C'avevo fatto qualche lavoretto anche io.

Mi sembra giusto crepare dove ho lavorato per molto tempo. Mi dicono di andare vicino al precipizio. A spintoni mettono vicino a me anche la donna, ormai in lacrime. Poi lui, un nippoamericano di trent'anni con cui ho lavorato da sempre, prende il suo M7.

Non mi è andata poi così male. Morire accanto ad una bella donna. Penso. Mentre aspetto le mie dita si muovono in aria e la musica scoppia nella mia testa.

venerdì 22 giugno 2012

Dita

Dita

Colonna Sonora: Giovanni Allevi – L'Orologio degli Dei (2006)



Bisogna gustare il male con la punta delle Dita.”



E' come tentare di eccitare una donna. O qualcosa di simile.

Le falangi si muovono veloci, non le riesci a seguire con lo sguardo. Non capisci, ma sta succedendo il finimondo. Mi sembra di avere il fuoco dentro, ogni volta che faccio questo pezzo. Lo facciamo sempre, per chiudere. Per rendere felice il pubblico prima di tagliare la corda. E diciamocelo... Senza di me non farebbe la metà dell'effetto che fa.

Te ne accorgi... Dalle persone, da come si muovono, dalla loro espressione. Ce ne sono alcuni che hanno lo sguardo spiritato, iniettato di sangue, che si godono in silenzio e senza muoversi quel religioso momento estatico. Altri lo manifestano in altri modi. Cominciano ad urtarsi, cadono a terra, spesso si fanno male. E' giusto. Fossi al loro posto farei la stessa cosa.

E quando faccio l'assolo... Beh è come vedere un orgasmo. Anche i fermi cominciano a muoversi. E' impossibile stare fermi. In questi casi mi sento come un burattinaio. Ho in mano tutti loro. Ed è una sensazione stupenda, non la cambierei per nulla al mondo.

Un cascare di luci, la batteria finisce. Vedo una coppietta che consuma. Poi ce ne andiamo accompagnati da un urlo bestiale. Nel camper c'è la solita fila. Scelgo la bassina dai capelli rossi.

E' come suonare una chitarra.



**



La mano sinistra, tenendo l'impugnatura, freme. Il tizio è sempre più vicino. Lo sento, sento la sua paura. Cerco di ricordare cosa aveva fatto, ma non ci riesco. Magari la solita questione di soldi.

Esco dall'angolo e lo guardo. E' un frate straniero, forse un portoghese. Ormai fanno tutti affari coi miei capi. Persino i maledetti santoni. In fin dei conti non hanno portato niente di nuovo. Lui si accorge di me, ma non capisce. Continua a camminare tenendo quella specie di rosario piccolissimo in mano. Quando è vicino a me gli sbarro il passo. E capisce.

Come un automa mette mano al crocifisso che ha attaccato al collo, un coltello forse. Ma non ne ha il tempo... La mia mano si muove veloce e la sua testa rotola via. Iai Jutsu. Non provo più nulla. Un tempo mi sarei eccitato, avrei riso. Ora è tutta roba già vista. Con un movimento secco tolgo il sangue dalla spada. Rinfodero e me ne vado.

Torno alla locanda. Mi siedo al solito tavolo, c'è lui ad aspettarmi, come sempre.

<< Allora? >>

<< Il vecchio è morto. >>

<< Bene, l'oyabun ha parlato, ecco il tuo prossimo bersaglio. All'alba. >>

Non pensa che forse sono stufo di giocare a fare il boia.



**



Odio la pioggia. Una giornata davvero schifosa.

La odio perchè copre i suoni. Lei, che non segue regole, cade a caso. Senza ritmo. Uno schifo.

Ed è proprio in questi momenti che attacco la chitarra alla corrente e suono. Non riesco proprio a sopportarla. E per coprirla suono meglio del solito. Perchè devo farle capire chi comanda. Riprovo tutti i pezzi, al volume minimo. Per non impaurire quegli idioti dei miei vicini. Li odio almeno quanto la pioggia.

E provo di nuovo quella sensazione, benchè il volume sia minimo. E' bellissimo. E questo spiega tutti gli airguitar che vedo ad ogni concerto. Mi dispiace per tutti quelli che non possono farlo, ma in fondo è colpa loro.

Mi concedo venti minuti di paradiso, devo andare a lavoro. Esco di casa mettendo il mio nuovo giubbotto di pelle.

Cammino sotto la pioggia bestemmiando a bassa voce. Prima o poi deciderò di comprare un ombrello. Tutte le persone che vedo mi sembrano vuote. Sguardo fisso, altri ridono. Mi scivolano addosso come acqua.

Proprio come la pioggia.

Arrivato a lavoro mi dicono che il mio macchinario ieri ha dato problemi a quelli del turno di notte.



**



E' come musica. La nostra.

L'acciaio contro l'acciaio. Non c'è suono più celestiale. Era da tempo che non incontravo uno spadaccino di tale livello. Balliamo la danza della morte sulle note della tensione. Una musica fatta di parate, fendenti, finte e soprattutto sangue. Sono riuscito a ferirlo vicino allo zigomo al nostro primo assalto, poi l'altro ha capito chi aveva davanti e ha fatto sul serio.

Ho perso il conto del tempo. Ogni singola parte del io corpo è concentrata sul metallo. Poi una finta... L'ho colpito.

Un sorriso si apre vicino la sua spalla destra, ride. Mi dispiacerà davvero ucciderlo, ma sto sprecando tempo. Ormai ho capito il suo stile, posso finire quando voglio, ma... Quando ancora mi capiterà di sentirmi vivo come adesso? Poi appare un problema. Una donna... Cosa ci fa lì? Chiamerà le autorità?

L'avversario approfitta della mia distrazione e mi attacca di soppiatto, mi ferisce di striscio ma si sbilancia. Io non perdo tempo e gli sferzo il collo troncandogli l'arteria. La fontana... Lo vedo inginocchiarsi, mi inchino, rinfodero e vado all'inseguimento della donna, giro l'angolo ed è lì. Ma circondata da poliziotti. Bestemmio sottovoce e mi nascondo, poi fuggo.

Questo a loro non piacerà...



**



Mi risveglio vedendo bianco. Un ospedale. Qualcosa non va...

Non provo molto dolore, non mi sento fasciato, i piedi sono interi. Avverto un dolore nella parte sinistra del corpo, giro la testa e vedo. Vedo quello che non avrei MAI voluto vedere. Il mio mignolo sinistro. Dove cazzo è? Giro la mano. Provo a muoverlo. E' come se muovessi un arto fantasma. Un capogiro...

Cado di nuovo sul letto, studio la mia mano. La cicatrice, i punti di sutura e quant'altro. Comincio ad essere inquieto. Cosa è successo? Quando? Perchè? Mi alzo e comincio a camminare su e giù, grido. Esco sul corridoio, vedo solo bianco. Torno dentro, trovo il cellulare sul comodino e chiamo l'unica persona che può sapere qualcosa. Mi dice che arriva in quindici minuti. Un'eternità. Non ce la faccio a resistere, comincio a colpire il muro.

Crollo in ginocchio tenendomi la mano monca. Le prime lacrime escono senza controllo spaccando gli argini del mio controllo. E rimango lì.

In silenzio. Solo.



**



La cerimonia dello yubitsume è quanto di più stupido riesca a pensare. Non ha scopo né utilità. E' semplice retaggio del passato, magari neanche troppo remoto.

Stupido perchè rendi un tuo subalterno più impedito di quanto possa essere e tutto per un caso di sfortuna, almeno nel mio caso. Hanno dovuto drogarmi con litri di sakè per riuscire a rincoglionirmi abbastanza. Non perchè protestassi. O almeno credo... Mi viene da pensare che sia quasi un atto di pietà. Il fatto che venga da loro mi fa ridere. Ma non posso farci nulla.

Non posso protestare. Se non fosse stato per loro magari ora sarei all'inferno. Mi hanno trovato quando... Trent'anni fa? Non ricordo. L'unico problema è... Come farò ora ad usare la spada?

Il rito è proprio questo. Rendere uno spadaccino più debole. La mia spada ha bisogno di dieci dita, non nove. Chissà nel futuro, quando non si userà più la spada (perchè ormai è un dato di fatto), cosa si inventeranno. Fottuti yakuza. E sono coscienti del fatto che monco servo di meno. Mi hanno dato un'altra chance, prima di tagliarmi qualcos'altro.

In silenzio fisso la mia mano e penso... Forse dovrei cambiare arma. NO.

La spada è tutto ciò che sono, tutto ciò che so fare. Devo trovare un modo per usare la spada senza il mignolo sinistro.

Devo... Spero.



**



Bestemmio loro addosso e sbatto la porta. Pare proprio che non l'abbia presa bene. Tutto per un fottuto macchinario. Sfiga. Merda...

Ora sono fuori dal gruppo e non metterò sicuramente più piedi in quella fottuta fabbrica del cazzo. La mia vita è finita. Per un attimo. Anni che se ne vanno come pioggia. In fin dei conti me ne fotte poco del lavoro però la musica. Quella non la voglio abbandonare.

Tony Iommi ha rivoluzionato tutto grazie all'amputazione di due falangi in circostanze simili alle mie. Eccolo, il Tony Iommi del 200Y. Ridicolo. Come sostituisco il mio fottuto dito?

Metto un cd degli Scarecrown e mi butto sotto la doccia. La ferita ha cicatrizzato bene. Ormai non sento più dolore. Poi... Sotto quella fottuta acqua che sembra fottuta pioggia ho la mia illuminazione. E grido. Un urlo di felicità.

Ci vorrà tempo, molto tempo. Troppo. Ma ho una via d'uscita...Devo imboccarla.

Si vive una volta sola, cazzo.

Imbraccio la chitarra. Inizio subito.





Tempo Dopo





La leggenda dell'Orco Mutilato si diffuse rapidamente in tutta Edo. Non si sapeva da dove veniva, si sapeva solo che era apparso all'improvviso. Alcune leggende dicono fosse un ladro o un condannato a morte che è fuggito nelle montagne per qualche oscuro motivo. Si dice che quando sia sceso sia diventato il sicario numero 1 della città, ovviamente al soldo di quel clan. Tutto il resto è leggenda, diceria popolare. Però una cosa, una cosa sola, é certa: se vedi davanti a te un tizio simile ad un ronin che impugna una katana con l'impugnatura segata di netto e la lama più corta venire contro di te camminando come uno spettro ... Beh... Ti conviene darti alla millenaria arte della fuga.

Il pub era pieno di gente al loro primo concerto. Non era niente di che, la tecnica era acerba. Ma la grinta e la voglia di fare si vedevano chiaramente. Ovviamente erano tutti venuti per vedere il chitarrista. Forse l'unico al mondo ad usare anche il pollice. Ovviamente questo lo costringeva a stare seduto e a tenere la chitarra perfettamente ancorata al corpo mediante strani elastici, ma riusciva a suonare. E anche bene...



**



Festeggio con una birra. Beh in realtà un po' di più... E l'indomani so già cosa farò. Mi regalerò qualcosa per aver coronato le fatiche di questi ultimi anni. Ho sempre voluto una katana da esposizione, sono stupende. Ne avevo già adocchiata una su ebay. Era strana, diversa dalle altre. Ma era bellissima. Aveva l'impugnaura segata di netto e la lama sembrava più corta...



Fine





Nota:

Non me ne frega un tubo se ciò che ho scritto non è possibile o troppo assurdo (mi riferisco alla possibilità di usare una katana senza qualche dito e suonare la chitarra in quel modo). Mi andava di scriverlo e l'ho fatto. Quindi non rompete. Altra cosa. Si avete visto bene: gli Scarecrown sono il gruppo del protagonista del mio precedente racconto Open the Gates.

martedì 12 giugno 2012

Silenzio

Silenzio



<< Sali sciagurato! >> Gridò Cyrano dopo essersi liberato l'anima. Ce l'aveva fatta, le aveva strappato un bacio, ma lui non ne avrebbe mai goduto. Il bacio l'avrebbe ricevuto il suo “amico” Cristiano. Un uomo incapace di tessere parole d'amore, incapace di pensare temi profondi, senza profondità d'animo.

Il suo sentimento era puro, era vero. Lo sapeva. Ma era un sentimento selvaggio, bestiale, primordiale. Rossana voleva qualcosa di diverso e lo aveva dimostrato, voleva parole d'amore e aveva ricevuto solo balbettii. Ma Cyrano aveva salvato la situazione. Gli aveva fatto conquistare quell'attimo di paradiso che lui anelava più di ogni altra cosa al mondo. Cristiano lo ringraziò silenziosamente ed entrò nella casa di Rossana.

Il vecchio cadetto lo vide salire e sentì montare dentro di sé la rabbia. Perchè doveva goderne lui se la fatica l'aveva fatta qualcun altro? Cci aveva messo il cuore, aveva buttato tutto fuori senza fatica, naturalmente. Ma non poteva beneficiarne. Si accasciò senza forze sul muro esterno della casa.

***

Appena Cristiano entrò venne colpito dalla sontuosità della camera da letto della sua amata. Il letto era ancora intatto, avvolto da coperte pieni di merletti. Le tende bianche davano l'impressione di trovarsi in Paradiso. Rossana lo aspettava al centro della stanza, con le mani nel grembo, mostrando un sorriso luminosissimo.

Cristiano avvertì una fitta al basso ventre. Si sentì avvampare.

<< Sei stato magnifico prima... >> Disse lei teneramente.

<< Solo perchè... tu mi hai ispirato. >> Lui parve rifletterci su.

<< Prima, ho avuto l'impressione di volare sulle tue parole. Ero lì, tremolante. Incapace di pensare. >>

Cristiano le prese un braccio e la trascinò delicatamente a sé.

<< Ma ora siamo qui e gioiamo! >>

Cristiano poggiò delicatamente le labbra sulle sue, lei accettò. Il bacio fu lungo e intenso. Gli parve di fluttuare. Di morire e rinascere. Durò un minuto. Un'eternità. Si staccarono. Cristiano, colto da passione antica, senza ragionare o riflettere si tolse la cappa blu dei cadetti. La lanciò via, cominciò a spogliarsi.

Rossana parve interdetta.

<< Ma amore mio cosa fai? Continua a parlarmi d'amore come sai fare, fammi- >> Cristiano le coprì gentilmente la bocca con una mano, repentinamente. Lei non reagì e tacque.

<< Cara, ti ho fatto sognare tutta una serata con le mie parole. Ora fammi sognare tu col tuo silenzio... >> Cristiano liberò la bocca di Rossana e andò a rovistare tra i suoi vestiti. Trovò un fazzoletto ricamato. Lei continuò a guardarlo. Cristiano le si avvicinò e le adagiò il fazzoletto sulle labbra. Poi glielo legò dietro la nuca, facendolo passare sotto i ricci capelli.di lei. << Promettimi che non te lo toglierai, solo per questa notte. Abbiamo parlato troppo. >>

Rossana, finalmente imbavagliata, lo guardò intensamente e annuì con la testa. Se avesse potuto Cristiano l'avrebbe vista sorridere. Si toccarono le mani. La baciò sulla fronte. Cominciò a tastarle i seni, lei gemette da sotto il bavaglio. Poco dopo si spogliarono, travolti da un qualcosa di mistico. Cristiano la penetrò con violenza. Le labbra di lei, sigillate, provarono a dischiudersi in un urlo, senza risultato.

Pochi minuti dopo entrambi ebbero l'impressione di sentire un uomo piangere.

[]

Quando si svegliarono era già mattina. Lo fecero insieme. L'uno di fronte all'altra. Cristiano le slegò lo stretto fazzoletto.

<< Ora puoi parlare. >>

Lei aprì la bocca dopo un'intera notte. Sorrise.

<< Non ho nulla da dire... Amore. >>

Sentirono bussare alla porta.

<< UN ATTIMO! Vai via presto! Dalla finestra! >> Lui intanto si era vestito. Si guardarono, un secondo bacio, poi lui era scomparso dalla finestra.

Lo sguardo di Rossana cadde sul fazzoletto, abbandonato sul letto e sorrise.

Cristiano intanto era già sulla strada di casa. Era soddisfatto.

Perchè finalmente non aveva più bisogno di Cyrano, perchè finalmente le aveva fatto capire il valore del silenzio.

P.S. scrissi questa robaccia dopo aver visto il musical con Modugno... Un bellissimo musical ma lei l'ho trovata insopportabile (a differenza dell'opera teatrale). Non volevo neanche metterla, ma al diavolo.

domenica 3 giugno 2012

Stanchezza

Stanchezza

Colonna Sonora: Heaven or Hell – Gamma Ray (2001)





Diario di Yergan Yavuz



La prima volta che vidi quel tizio mi fece una buonissima impressione. Sono uno dei suoi ultimi discepoli, uno dei più recenti.

Mi ha raccattato per strada mentre alcune guardie stavano per farmi la pelle... La solita storia. Ho rubato del pane (perchè ho fame) e quei bastardi devono far rispettare la legge, da bravi cagnolini. Me la cavavo (molto alla buona...) con la spada e riuscii a tener testa a loro per un bel po' di tempo. Poi arrivò quel tizio. E tutto cambiò.

Sembrava una specie di mendicante: tutto sporco, barba incolta, aveva un cappuccio. Quel tizio arrivò dall'altro uccidendo una guardia con la lama celata (ora ne ho una anche io e confermo la loro utilità) e tirò fuori una specie di Kijil dalla forma molto strana. Mi chiedo dove l'abbia tirata fuori, mai vista da queste parti.

Tempo un paio di secondi e tutto finirono a terra, sanguinanti. Mi tese la mano e divenni uno di loro.

Non l'avessi mai fatto.

Sempre in giro per l'europa a uccidere gente. Dovevo aspettarmelo in fondo... Con un nome così mica potevo aspettarmi che mi mandassero a cogliere margheritine ma così è troppo. Quando non sono in missione lui mi chiama a uccidere qualcuno, così che lui possa passare un posto di blocco senza sporcarsi le mani. E certo...

Con neve, grandine, pioggia, tifoni e dio sa cos'altro. Sempre in prima linea. Sono uno di quegli assassini che maneggiano armi pesanti. Uno spadone in mano e tutti sono felici... Siamo gli unici ad esporsi così tanto. L'altra volta quelle merde avevano attaccato il covo di Costantino Nord, in quell'occasione ho rischiato la pelle almeno una ventina di volte, salvato all'improvviso dal generoso Mentore o da un tribolo fortuito. Comincio ad essere stanco.

Mi giro intorno e vedo persone entusiaste. Credono in quello che fanno. Solo io ho difficoltà. Sono solo io che, nei pochissimo momenti liberi, mi chiudo in biblioteca a leggere l'Odissea, o l'Iliade, La Storia Segreta dei Mongoli. Tutti gli altri pronto per la guerra a lucidare armi o armature. Nessuno che si fa domande. Obbedire al credo. Nessuna domanda, nessun ripensamento.

Li combattiamo assumendo i loro comportamenti... E poi mi parlano di “nulla è reale, tutto è lecito” o altre belle parole.

Sono anche l'unico che, quando il Mentore si degna di entrare nel covo, non lo saluta. Tutti a leccargli le palle e lui nemmeno risponde. Prende una spada, indossa un'armatura, fabbrica qualche bomba e se ne va. Siamo meno che cartacce per lui. Siamo mezzi, non persone. Ecco quello che penso. Vorrei tanto discuterci, ma avrei tutti contro.

Eppure sono stanco...

Stanco di vivere nell'incertezza, con la morte sempre ad alitarmi la faccia. Prima non si andava oltre uno o due cazzotti in faccia. Sempre con la tensione, passo le notti in bianco, nella solitudine. Vorrei tanto un po' di contatto umano. Del tipo che non preveda lame o altri bei giocattoli lucenti. Magari usando solo le mani.

Quando cammino per strada, mi unisco alla folla, sento conversazioni, qualche risata. Gente che vive. La gente che, in teoria, noi proteggiamo. In realtà ho come l'impressione che siamo solo strumenti di sterminio. Sembra che il Mentore voglia massacrare i templari e, secondariamente, tenere la gente al sicuro.

Sono invidioso di loro.

Perchè loro vivono senza scopo, senza aspettative. Alla giornata. Senza troppi pensieri. Una vita semplice... Certo nessuno li ricorderà nelle cronache. Non diventeranno mai famosi, nessuno li ricorderà. Ma vivranno, almeno in una certa misura, felici. Io vedo solo morte e sono stanco.

Non voglio più vivere avventure. Voglio una vita noiosa. Senza angoscia. Magari potrei sposarmi o avere dei figli, aprire un negozietto e vendere cazzate.

Tutto ciò mi ha portato a scegliere di lasciare la confraternita. Mi hanno mandato a Genova. Non tornerò mai più; esplorerò la terra del Mentore. Dicono sia magnifica, molto meglio di quella fogna di Costantinopoli... Dovrò nascondermi, sicuramente non saranno d'accordo. Per un po'... Solo per un po'.



**



<< Mentore, abbiamo trovato questo foglio di carta nel camino. E' l'unica parte ancora intatta di quello che sembra un diario. Che facciamo? >>

<< Lui è scomparso? >>

<< Esattamente come è scritto qui. Non lo vediamo da mesi. >>

<< Bene, mandate due confratelli. Che sia indolore. >>