giovedì 7 aprile 2016

Una Storia sul Morire

Una Storia sul Morire

Sono così.

Una ragazza ansia e sapone.”

    - Anonimo





Il vento batteva alle finestre con insistenza, ma nessuno voleva farlo entrare. Lui se ne stava seduto al tavolo, vicino al fuoco, a sorseggiare la sua seconda pinta. I suoi pensieri erano ricolmi di ogni tipo di dolore e noia, malessere e deliri di autodistruzione, anche se bere lo calmava. E cominciava anche a capirci poco di quello che aveva intorno. Stava seduto ad un tavolo bello grande con una decina di sgabelli messi tutt'intorno, ma lui era l'unico a quel tavolo. E aspettava; anche se era sicurissimo che nessuno si sarebbe fatto vedere... Si, insomma, chi l'avrebbe fatto? Probabilmente, in un'altra vita, nemmeno lui. Faceva un freddo tremendo nonostante il fuoco, quini provò a stringersi il mantello ancora più stretto intorno al corpo. Nel farlo colpì involontariamente il suo scudo appoggiato ad una gamba del tavolo, che cadde rovinosamente a terra facendo un gran baccano. Il vociare si interruppe per una frazione di secondo, lui si rese conto di non essere solo dopotutto e fece un sorriso da ebete. Poi notò i due avventori appena entrati: si dirigevano verso il suo tavolo. E intanto tutti si erano dimenticati di lui, era di nuovo solo.

Sei tu che hai scritto l'annuncio?” Chiese il più corpulento. La definizione di bestione gli calzava a pennello: spalle larghe, muscoli rifiniti, toccava quasi il soffitto con la testa. Aveva lunghi capelli rossi sporchi e unti. Occhi azzurri e naso storto erano cose che saltavano subito all'occhio. Una lunga barba rossa e incolta (e forse pure un po' lurida) gli contornava il viso. Aveva i denti storti. In mano aveva uno spadone che aveva visto giorni migliori, piccole asce alla cintura. Lui notò che era quasi completamente nudo e che aveva il corpo cosparso di tatuaggi monocromatici. Il suo alito puzzava di fogna. Si sedette ruttando e chiamò l'oste urlando a squarciagola. Sembrava proprio a suo agio in quell'ambiente. Pareva anche abbastanza felice. Si notavano cicatrici nuove ogni volta che quel tizio si muoveva. Ordinò anche per il suo amico, che non aveva spiccicato parola.

L'altro aveva la carnagione olivastra (che faceva contrasto con il colore pallido dell'altro). Era tutto ricoperto di nero e dalle forme sotto al mantello (nero anch'esso, esattamente come quello del suo amico) si capiva che era armato fino ai denti. Scoprendo le falde si notava pure un'armatura di foggia orientale che lo ricopriva interamente, nera come la notte. Aveva la mascella larga e una barba rada (ma, ancora una volta, scurissima) ma curata. Gli mancava un occhio, ma l'altro si muoveva in continuazione osservando il posto e la gente. Non aveva mai cambiato espressione da quando era arrivato: torva e storta, come di quelli che cercano rogne. I capelli erano acconciati secondo la foggia degli orientali, con un codino corto sulla sommità del capo. Testa a parte, a differenza dell'altro, non si vedeva pelle. Una sciarpa corvina gli cingeva il collo, con un lembo che gli finiva dietro le spalle. Digrignava i denti.

Beh ci vuoi rispondere?” Continuò il tipo in nero.

Si, sono io.” Dissi con la testa che mi girava, era ora delle cose serie.

E...?” Era il bestione.

Niente, cercavo gente e siete venuti voi due, che c'è da dire?”

Spiegaci tutto dall'inizio. Abbiamo letto l'annuncio, ma vogliamo sentirlo da te.”

Beh c'era scritto: cercasi gente a cui piace menare le mani, possibilmente soldati e/o mercenari. Probabilmente perderemo la vita ma venderemo cara la pellaccia. Per dettagli andare in taverna e chiedere di Joy. Non avevo scritto che avevo soldi solo per tre o quattro persone, ma visto che domani me ne vado e che siete venuti solo voi due, ho idea che il gruppo s'è formato.”

Non ti sfugge qualcosa? Tipo dove, quando, cosa, compenso ecc. ecc.” Il nero.

Fra una settimane, lassù su quelle montagne si raduna un circolo di cultisti malati. Di quelli che stanno tanto sul cazzo a quelli dell'Impero. C'è una grossa taglia sul capo di quelli e poi non li sopporto proprio, vorrei ucciderli tutti.”

Ti hanno fatto qualcosa? E' vendetta? Sembri solo annoiato.” Disse il corpulento mentre si rimpinzava di noccioline comparse in chissà quale modo.

E lo sono. E' molto tempo che non so dove sbattere la testa, ho tante cose da fare e nessuna voglia di farle. Credo di cercare un pretesto per morire, magari non inutilmente. E poi a voi che interessa, vi pago.”

Sembra divertente, un lavoro senza uscita. Tu hai solo bisogno di uno scopo per vivere e cerchi di morire... Sei proprio un simpaticone, ti pago il prossimo giro. Ti seppellirò gratis quando servirà!” E ruttò sonoramente pulendosi i baffi rossastri.

Joy ebbe un brivido a sentir parlare di tombe e morte, ma se l'era cercata. Spostò lo sguardo sull'altro, aveva finito tre pinta con una velocità tremenda e stava assaltando la quarta. E sembrava tremendamente lucido.

Hai intenzione di combattere quei matti col tuo farsetto?” Disse a mezza bocca.

No, ho un'armatura a piastre completa, spada e scudo. Facevo parte dell'esercito imperiale, poi ho mollato. Non ho voglia di parlarne. Comunque io sono Joy e voi lo sapete. Mi pare di aver capito che accettate l'incarico. Posso avere i vostri nomi?”

Otiv!” Urlò il bestione.

Chiamami... mmm... Naig.” Mugolò l'altro. Chissà come erano finiti insieme, si disse Joy. Non potevano essere più diversi, ma si completavano e, nonostante l'aria torva di Naig, sembravano molto affiatati. Si diedero appuntamento l'indomani all'alba per partire, dato che per arrivare al posto ci sarebbero voluti cinque o sei giorni, più eventuali ritardi. Joy andò a letto e si addormentò subito, sognò un gigantesco serpente che si mordeva la coda e, nonostante avesse il cavo orale occupato, lo mandava al diavolo in tanti modi diversi. Si svegliò più stanco di prima e arrabbiato, ma si sistemò l'armatura e scese le scale. I due erano fuori dalla locanda, che sistemavano le armi. Otiv affilava una delle sue asce, non sembrava avere altro addosso. Naig stava osservando quello che sembrava essere il suo strumento di morte principale: una lunga lama ricurva. Sembrava un'arma a due mani; poi aveva alla cintura una lama uguale (nel fodero) ma più piccola. C'era una lancia conficcata a terra vicino a lui, ovviamente nera.

Partirono senza una parola, stringendosi nel mantello. Attraversarono paesaggi innevati, passarono in mezzo ad un paio di cimiteri, dormirono in foreste e cacciarono per mangiare. Otiv si lamentava spesso della mancanza di birra, ma c'era ben poco da discutere. E continuavano, con Naig che usava la sua lancia come un bastone da pellegrino; Joy chiedeva storie sul loro passato ma non riceveva risposte. Sapeva di essere molto più giovane dei due (che molto probabilmente avevano la stessa età), ma credeva già di ammirarli. Si accorse pure di non aver ancora parlato di soldi, ma nessuno se ne dava peso. E' tutto così strano, si disse. Ma si sentiva quasi felice, era una sensazione niente male. E così arrivarono a destinazione, proprio sotto la montagna sul cui pianoro doveva accadere tutto. E si accamparono proprio li. Parlarono di come farsi strada in mezzo a quei matti, delle strategie da adottare, ma l'indomani nessuno si ricordava niente, persi com'erano nell'apatia. C'era qualcosa di strano nell'aria sottile. Come una sensazione di essere in un sogno. Ma un sogno di chi?

E cominciarono a scalare il pendio, con le armi pronte. Quasi subito sentirono i primi vaneggiamenti, cori, sentirono crepitare fuochi. Joy si chiedeva come faceva a stare lì così presto, sentiva come se l'incontro con loro in taverna fosse avvenuto poche ore prima. Il tempo sembrava scorrere seguendo regole ancora più misteriose del solito. Apparve un sentiero. Le prime cose che videro furono resti di animali sanguinolenti, ossa, pozze di liquidi di vario tipo e tanto, tanto sangue. E intanto le voci si facevano più forti e insistenti. Joy imbracciò lo scudo e sfoderò la spada, Otiv tirò fuori lo spadone ridendo e Naig impugnò la lancia con entrambe le mani. Si avvicinarono ad un grande spiazzo sul cui centro era stato fissato un idolo mostruoso gigantesco. C'era pieno di gente che ballava e si spintonava, proprio sotto l'idolo. Su una posizione sopraelevata, quattro persone suonavano vari strumenti mentre un quinto si sgolava. Sacerdoti officiavano riti e Joy non ci capiva niente, stordito com'era dal baccano.

Alla sua sinistra era in corso un orgia, alla destra una gabbia piena di ragazze legate e imbavagliate, probabilmente i sacrifici che facevano tanto arrabbiare le autorità. Alcune erano svenute, altre si dibattevano, altre ancora piangevano. Joy era come in trance e l'unica cosa che poté riscuoterlo fu il vedere una ragazza dai capelli rossi liberarsi e urlare qualcosa alla sua direzione. Lui parve non capire e non si accorse nemmeno che i suoi due compagni si erano gettati nella mischia urlando il nome di qualche divinità. Senza pensarci spaccò il lucchetto della gabbia con la spada. Lei gli disse qualcosa (che lui non capì) poi si dedicò a liberare qualche amica. Joy si riscosse vedendo i suoi amici tramutare quella festa in un bagno di sangue. Naig aveva impalato il gran sacerdote con la sua lancia e affettava gente con le sue spade, mentre Otiv non aveva più le asce alla cintura. Il suo spadone però aveva la lama così rossa che Joy sentì il vomito salire. Poi notò la ragazza scomparire dietro l'angolo, tutto in pochi attimi. E si sentì perduto.

Ma nessuno parve notarlo. Vomitò la cena della sera prima e si riscosse, pronto ad unirsi ai due amici che, però, aveva perso di vista. Ed ebbe paura, una paura tremenda. Non voleva buttarsi in quel bagno di corpi e violenza da solo. Sentiva una sensazione terrificante allo stomaco, come di un impedimento fisico alla vita. Una sensazione atavica di malessere e, per un attimo, bramò il suicidio. E i suoi piedi si mossero per lui, andando nella stessa direzione della ragazza. La vide che si dimenava dalle braccia di un cultista con in testa una maschera di scimmia. Joy lo trafisse senza pensare e guardò la ragazza sporca del sangue della scimmia. Anche lei era scioccata. Si guardarono e Joy sentì il suo stomaco morire. Aveva la tachicardia. Lei gli si lanciò addosso piangendo. Lui vide un altro cultista, una donna completamente nuda con la faccia ricoperta di tatuaggi: perdeva fludi dall'inguine e sembrava pazza per la morte di scimmia. Joy la colpì con lo scudo prima di trafiggere anche lei. E di nuovo si sentiva spaesato, come se qualcun altro lo controllasse.

E scapparono insieme. Nessuno parlò, se la diedero semplicemente a gambe. Incontrarono altra gente ma ne uscirono vivi. Joy, però, rimediò una brutta ferita al fianco. E la sensazione di spaesamento continuava.

Come ti chiami? Io sono Joy.”

Io sono Lily, ma non ti fare strane idee, ho un sacco di amanti!” Joy notò che aveva la frangetta ed era bassina.

Ah scusa.” Disse Joy, capendoci sempre meno. Si sentiva inadatto alla vita. Ma nonostante quelle chiacchiere lei gli stava appiccicato e ogni tanto lo accarezzava.

Scusa un corno, abbracciami!”

Ma avevi detto che...”

Fuggiamo insieme a casa. La tua magari, la mia non va bene.” Sembrava improvvisamente tranquillissima.

Joy aveva dimenticato i suoi due compari e nemmeno si ricordava dov'era casa sua, ma si sentiva improvvisamente bene. Non si era nemmeno accorto di aver ucciso finora solo gente disarmata. Voleva solo capire qualcosa, ma niente è così facile. E lei intanto gli medicava il fianco come poteva.

Tempo dopo si ritrovò a viaggiare con lei in una foresta, aveva dimenticato cosa fosse successo, aveva dimenticato tutto. Semplicemente avanzava con Lily. E cercava di non morire. Poi ebbe una visione: vide se stesso perdere i sensi (forse per la ferita), Lily piangere. Poco dopo vide se stesso come se fosse fuori dal suo corpo: si vide a terra con la testa poggiata sulla ragazza, in un sonno profondo. E vide un'ombra nera e informe avvicinarsi.

Dammelo.” Disse.

Mai, è mio! Torna più in là!” Rispose Lily.

E perché mai? Non vedi che ormai è morto? Respira appena, non sa dove si trova e nemmeno si è accorto di TE!”

Non è vero, lui sa! Non me l'ha dimostrato, ma lo farà in seguito! Mi fido di lui.” Rispondeva trattenendo le lacrime

Ah si eh... Ti vedo proprio convinta. Vorrei vederti quando non si fiderà di te o si farà prendere dalle sue stupide fisse, quando ti tratterà male solo per dimenticare il suo dolore! Tutte le sue paure, LE TUE, i disagi, i silenzi, l'ODIO, l'idiozia. Sopporterai tutto questo? Perchè? Liberatene ora!”

No, accetterò tutto! Lui accetterà tutto. L'ho appena conosciuto ma ho già capito... E mi basta! Tu vai via, qui non c'è nulla per te!” E lo strinse ancora più forte.

Niente è eterno. Finirà! Come tutto! Non è giusto tenere in vita morti viventi!”

L'ombra ululò e provò, con le sue mani scheletriche, a ghermire la sua preda, ma venne fermato dallo sguardo di lei. Grondava di lacrime e sudore, ma voleva apparire sicura di se stessa.

Sei una stupida, dovresti ringraziarmi e mi mandi via, ma VEDRAI! Io sono paziente... Mi darai ragione e io gioirò del tuo dolore.” Scomparve. Lei avvolse la testa di lui in un abbraccio.



Poi Joy si svegliò, era una bella giornata, anche se il freddo fu la prima cosa che sentì. Lily si era appisolata su di lui, aveva le guance rigate di lacrime e gli aveva stretto il collo così tanto da lasciare dei piccoli segni. Erano parecchio lontani dalla montagna, ora lo sapeva. Forse addirittura capiva qualcosa. Il combattimento coi demoni deve sfiancare parecchio, pensò. Anche se pareva essere stato solo un sogno. La sollevò sulle sue spalle e iniziò a camminare scegliendo una direzione a caso. Probabilmente in due le cose sarebbero migliorate. Lei dormiva della grossa, poteva sentire il suo respiro sulla spalla. E si incamminò. Da nessuna parte in particolare.

Senza nemmeno notare due figure, una corpulenta e una più bassina, ricoperte di sangue che lo osservavano dall'alto.



Dedicato a Lilith