martedì 12 marzo 2013

Ponti.

giuseppe 3

Ponti.

Domanda: l'attesa del piacere è essa stessa piacere?

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Se la tua vita fosse paragonabile ad un barattolo il tuo sarebbe pieno solo per un terzo. Ponendo che un evento importante sia una grande pietra e che un evento ordinario o insignificante sia una piccola, il tuo terzo di spazio sarebbe occupato da sabbia finissima. Hai deciso di riempirlo con sabbia finissima perché sai che i chicchi di sabbia non possono rompere il tuo vetro, mentre una pietra, cadendo, potrebbe mandare in frantumi la tua vita. L'hai fatto fino ad adesso perché in realtà hai provato con le pietre, ma quell'unica che hai messo ti ha costretto a cambiare barattolo dato che l'aveva frantumato in mille pezzetti. Allora ne hai comprato un altro e ci hai messo tutta al sabbia che c'era prima, ma senza metterci la pietra perché sarebbe come negarla e tu ne hai un disperato bisogno. Ora, dopo tanto tempo hai deciso di riprovarci puntando sul fatto che il tuo vetro è stato rinforzato, o almeno così credi. Eri stufo di quella distesa piatta di pietrisco, ci volevi una bella duna o una collinetta rocciosa. Così hai gettato un altro sasso. Avrebbe mandato in pezzi il tuo barattolo? O le piccole pietre ne avrebbero attutito la caduta? Sapevi cosa sarebbe potuto succedere, ma il saperlo ti rendeva pronto?

Come tutti le cose importanti era successo per caso, magari un caso premeditato, dato che odi lasciare alcunché al caso. Tutto ciò derivava dalla tua assoluta sfiducia negli altri e nell'altro. L'altro era imprevedibile, non potevi controllarlo e, dunque, perché affidarsi a qualcosa del genere? Quando arrivava un problema ti sbattevi a destra e a sinistra per risolverlo da solo, magari chiedevi aiuto, ma eri tu a chiederlo. Non stavi ad aspettarlo. Mai essere passivi, meglio essere troppo attivi piuttosto. E poi ovviamente vedevi la solita fighetta che non faceva un cazzo e dal cielo le cadeva la risposta assoluta ai problemi dell'umanità. Ne conoscevi tanti: avevano fiducia nel futuro, li chiami ottimisti. Avevano fiducia perché capitava loro spesso, si trattava quindi di fortuna? Non avevi la risposta ma avresti scommesso i tuoi coglioni che loro l'avevano. E ti incazzavi. Poi hai scoperto, per caso appunto, un tuo oggetto del desiderio si sentiva sola e insicura e che cercava braccia calde. Ci hai scambiato due chiacchiere. Letteralmente. Tanto lei era una macchinetta e, anche ammesso che avessi voluto interromperla, non avevi voglia di dire nulla. Sei un fanatico dell'ascoltare. Una dote rara di questi tempi. Dieci minuti e due birre dopo l'inizio eri riuscito a tirarle un appuntamento. Anzi a dirla tutta, aveva fatto tutto lei, ma una volta tanto nella vita l'ultima parola era tua. E hai risposto con un si decisamente deciso.

Con tutto questo macello in testa sei uscito di casa, diretto al ponte di legno: il luogo prefissato. L'aveva deciso lei e tu avevi detto di si perché, pur avendolo vicino, non avevi trovato occasione per attraversarlo o non avevi motivo di farlo. Ti piacevano le novità. Poi, a detta di lei, sembrava un posto decisamente appropriato. Evocativo, ma non romantico. Romantico è tutto ciò che tu decidi che lo sia ed è una delle dirette conseguenze di evocativo. Si, era proprio un bel posto. Era discretamente lungo, forse duecento o trecento metri e non riuscivi a vedere dove finiva, forse a causa della nebbia che era appena scesa. Ma tu eri contento. Ti sei seduto su un bordo e ti sei concentrato sull'acqua pulita che si trovava sotto di te. Vedevi qualche pesce, ti ci specchiavi. Mancava poco più di mezz'ora all'appuntamento ma a te piace essere in anticipo (magari anche l'altro lo era...) e poi non avevi nulla da fare. Nulla di più importante almeno. Ti sei seduto pensando e fantasticando. Hai alzato gli occhi e hai visto che, nonostante la nebbia, il cielo sembrava davvero più azzurro del solito. Ti sei accorto che poco più in là c'era un nonnetto che pescava mentre fumava la pipa, seduto su una sedia pieghevole. Questa visione semplice ti ha riscaldato il cuore e hai abbozzato un sorriso al nulla.

C'erano anche gabbiani, quel pomeriggio e cantavano gioiosamente. Volevi nuotare in quella splendida acqua, poi ti sei messo a pensare a lei e a che vestito poteva mettere, hai scommesso con te stesso sui suoi capelli. Poi hai preso le cuffie e hai ascoltato un po' di musica, di quella che piace a te. La visione intorno a te sembrava ondularsi come se seguisse la melodia che solo tu ascoltavi e tu hai pensato che non vedere prima quel ponte prima era stato un grave errore, uno dei tanti. Ti sei girato verso l'altra sponda e hai notato che la nebbia stava scomparendo, intravedevi un paesaggio piacevole, forse c'era una collinetta dall'altra parte. Poi hai acceso una sigaretta, finendola con pochi tiri. Pieno di buon umore l'hai spenta sul ponte e l'hai messa in tasca. Il momento si avvicinava mentre il tuo battito cardiaco aumentava lentamente, andavano di pari passo. Il vecchio tira la lenza e appare un pesce, sei tentato di fargli i complimenti ma non ti va di esporti troppo. Poi dai un'occhiata all'ora e noti che era il momento X da almeno due minuti. Tachicardia. Lei poteva essere qui da un momento all'altro. Era sempre così quando aspettavi qualcosa, quando arrivava il momento ti emozionavi perché l'avevi aspettato tanto. Tutto continuava a girare.

Ti sei tolto le cuffie e ti sei alzato in piedi, volevi essere pronto e hai cominciato a passeggiare avanti e indietro. Passano dieci minuti e cominci ad aggrottare le sopracciglia, noti che la nebbia sta calando di nuovo e improvvisamente il cielo non ti sembra poi così bello. Il vecchio brontola la mancanza di pesce. Poi passa mezz'ora. Ti eri già seduto di nuovo sul ponte e il nonnetto se ne era andato bestemmiando qualcosa. L'acqua sembrava leggermente mossa e torbida. L'altra sponda non si vedeva. Tutto si stava sgretolando lentamente e così ti sei rimesso le cuffie. Le nuvole si addensavano, prometteva pioggia. Poi, dopo un tempo interminabile hai scorto una figura, ti sei alzato. Di nuovo in tachicardia le sei andato incontro. << Sono in ritardo, scusa ma... >> dice. << Ma dai. >> rispondi. << In realtà avrei dovuto avvisarti, sto andando da una mia amica ad aiutarla con gli esami ma non avevo soldi al cellulare e poi... >> << Non disturbarti una seconda volta. >> Non volevi sapere nient'altro, ti sei rimesso le cuffie al volume massimo e te ne sei andato senza un'altra parola. Stava per iniziare a piovere. Sei tornato indietro senza voler guardare cosa c'era dall'altra parte. Appena hai messo piede fuori dalla costruzione ha iniziato a piovere. L'altra sponda, come la ragazza, non la vedrai più, ti dici. Questa volta il sasso era addirittura caduto fuori dal tuo barattolo, rischiando di romperlo. In realtà l'ha solo sfiorato.

E mentre te ne vai pensi che questa è l'ultima volta che ti imbarcherai in imprese simili. L'ultima volta. E questa è la millesima volta che te lo dici. Numero più, numero meno. E ti viene in mente un pensiero, come ogni volta che fallisci: che esista forse il destino? E che quindi il mio sia fallire all'infinito? Poi ti scuoti e ti dici che sono stronzate. Che se esistesse davvero una roba simile ti saresti già suicidato. Sputi per terra e, non sapendo che fare, ti metti a ridacchiare. Hai scoperto di esserti portato dietro l'ombrello.

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Risposta: dipende.

1 commento:

  1. Povero ragazzo. Ma beh, l'amore è anche questo. Dispensa gioia e dolore in eguale quantità. Miliardi prima di lui hanno passato momenti del genere, altrettanti miliardi ne passeranno dopo. E' la legge naturale delle cose. E cosa c'è di più naturale dell'amore...?

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