lunedì 25 febbraio 2019

Vespertilio - Un Nuovo Batman

Questa è una fanfic in cui creo la mia versione di Batman e tutto il suo universo, ovviamente citando altri personaggi e situazioni della DC Comics. Spero vi piaccia. In grassetto, i dialoghi e le parole pronunciate dai personaggi.

L'edificio dell'Ospedale di Sant'Arcamo era una costruzione imponente, in pieno stile classico. Il nome completo, in realtà, era "Sacro Ricovero per Ammalati Non Convenzionali Benedetto da Sant'Arcamo Patrono degli Afflitti" e, in qualche modo, nonostante la "classicità", la facciata arzigogolata sembrava rispecchiare quel nome altrettanto singolare.
Era una notte di luna quasi piena, lo sarebbe stato l'indomani, ma il lucore che emanava era così potente che qualunque innamorato avrebbe pensato alla sua amata e qualche individuo discutibile avrebbe pensato a cose più cruente. Le finestre luccicavano, la roccia sembrava resa umida dal freddo e, in generale, vi era un'aria da perfetto film horror gotico. Brunello Dè Guani, detto "Bruno" da alcuni, era arrivato davanti alla costruzione passando per alcuni tetti di Roma Capitale, volgarmente detta Vaticham City. L'ospedale era oltre un fiume e Bruno non potè fare a meno di pensare ai cimiteri. Capitava spesso che i cimiteri fossero oltre luoghi di passaggio o fossero siti in luoghi impervi, come montagne, isole o simili: perchè i morti dovevano stare separati dai vivi, nel bene e nel male. Probabilmente, per ogni abitante della grande megalopoli, tutti i malati erano morti.
O dovevano esserlo.
Bruno ripassò mentalmente alcune nozioni, pronto a intervenire da un momento all'altro. Secondo le sue carte, l'edificio era nato intorno al quindicesimo secolo, come ospedale di proprietà dei Cavalieri Ospitalieri. Lo avevano costruito lì per aiutare i pellegrini, di ritorno dalla Terra Santa e in cerca di benedizioni dal Santo Padre. Era iniziata così, poi sicuramente chissà quali interessi erano subentrati e, in qualche secolo, la Chiesa ne era diventata l'unica proprietaria, rendendolo un ospedale all'avanguardia nel campo delle patologie "dello spirito"o relative al "peccato somatizzato". L'uomo sapeva che, al momento, era pieno dei peggiori pazzi criminali mai visti in anni e anni di vita del Sacro Impero Pontificio.

La fondazione del suddetto stato si perde nella leggenda. Si dice che già nell'Impero Romano si parlasse di creare uno stato di cristiani, retto da eminenze "sacre" e pronto a diffondere la parola di Dio ovunque. Lo avrebbero fatto in ogni caso, coi documenti e con l'oro, ma desideravano l'appoggio di truppe. Le armi.
In ogni caso l'Impero Romano cadde intorno al 500 d.C. e alcuni ipotizzano che, tra le altre cose, fu a causa di un'operazione segreta volta a smantellare la grande potenza dall'interno, dato che con le armi era IMPOSSIBILE. A seguire queste voci, pare che siano stati i cristiani stessi, non essendo più sufficienti gli editti di Teodosio e di Costantino.
Molti, negli anni, tenteranno di riportare il proprio regno a nuovi fasti, cercando di riesumare il cadavere del vecchio Impero, per esserne la continuazione ma, come si può immaginare, non è un'impresa facile. Le strade che portano alle grandi opere sono costellate di cadaveri e spesso i cadaveri sono i sedicenti messia, comandanti, assassini e guru che hanno provato a camminarci sopra, fallendo miseramente. Ma ogni "collina di corpi", mano a mano che si alza, rende il compito un più facile al prossimo ed è con questo spirito che, nel sedicesimo secolo, un Papa, il cui nome non va mai pronunciato per rispetto alla sua memoria, decise di (ri)fondare il grande antenato. Un nuovo Impero Romano, sempre con la stessa capitale, ma retto dal pastorale del papa: il Paradiso di Dio in terra. Del resto, i soldi non erano mai mancati. I primi cristiani, grazie a donazioni ed eredità dei patrizi, già dai primissimi tempi del culto, avevano costruito una ricchezza che oggi potremmo definire illimitata. E, a causa della storia (recente e non) del Sacro Impero Pontificio, ha raggiunto tali grandezze da non avere neppure una parola per definirla.
i luminari del Papa stimano che, se un uomo riuscisse empiricamente ad avere per sè tutta quella ricchezza (magari rubandola), morirebbe dallo spavento, e la sua famiglia morirebbe con lui, dato che il sentimento di piccolezza era troppo forte per un uomo solo e sarebbe passato ai congiunti.


Ne studiano una più del diavolo. E credono più a lui che a Dio. Pensò Bruno, senza riferirsi a qualcosa in particolare. La serata sembrava una delle tante: una cena di beneficenza indetta organizzata dalla sua grande famiglia, di cui era l'ultimo esponente rimasto, con foto, firme e autografi e poi, dal nulla l'Evocatio. Un grosso pipistrello, nero come il più profondo degli inferni, galleggiava nel cielo senza nubi, proiettato da un faro, regalato alla Milizia Cittadina da benefattori ignoti. Significava una sola cosa. Bruno, perciò, decise di abbandonare la festa con un pretesto, scendere nei suoi appartamenti dalle pareti di pietra e parlare col suo maggiordomo, tale "Alfredo Pennino". Questo aristocratico servitore aveva aiutato la famiglia da più tempo di qualunque altro servitore Bruno avesse mai visto, anche in altre famiglie. Lo ricordava quando era bambino, ed era li ad aiutarlo ancora oggi. Se fosse mai esistita al mondo una persona catalogabile come "fedele", di certo si stava parlando del signor Alfredo.
Non appena scese nella "Antrum Vespertilionis" il signor Bruno trovò il maggiordomo ad attenderlo, con un bicchiere di vino. Il preferito del signor Dè Guani, arrivato direttamente dai Carpazi. Complimenti per la festa, signore! Disse l'anziano uomo. Grazie a te, Alfredo. Ma non ne potevo più, sono proprio contento di essermene potuto andare. Il maggiordomo prese il bicchiere, ormai svuotato, e rispose. La sua armatura è stata riparata e lucidata, le vostre "Arma" sono sul ripiano, nuove fiammanti. La spada, invece, è dove l'avete lasciata.
Ma Bruno si stava già cambiando d'abito. La sua protezione, benchè lo facesse sembrare un cavaliere del rinascimento, era fatta coi più moderni materiali ed era stata costruita anche per essere indossata velocemente, benchè necessitasse di indumenti adatti al combattimento.
Pochi minuti dopo una figura ricoperta di metallo brunito prese una spada dalla foggia particolare e se la legò alla cintura, nascosta dal mantello che gli copriva le spalle. Vado, Alfredo. Disse. Buona fortuna, signore! Fu la risposta.

La famiglia Dè Guani aveva origini antichissime. Già ai tempi dell'Impero si parlava del patriarca Guanus, comandante della Sesta Legione. Si dice venisse dal meridione, in un posto vicino alla punta dello stivale, ma fu a Roma che trovò fortuna. Quell'uomo ebbe fortuna e da lì iniziò la storia della famiglia. Da sempre, i Dè Guani o Guanus o altro, sono stati guerrieri, soldati, guardie, istruttori d'armi, duellanti. Uomini d'arme. Persone che vuoi avere dalla tua parte e che non vuoi combattere perchè, da sempre, si addestrano alla guerra, in qualunque modo venga combattuta. Ricoprendo, nel tempo, le più alte cariche militari il clan si arricchì e ora vengono, semplicemente, definiti "miliardari". Anche se la linea sembrerebbe un pò deviata dalla sua usuale traiettoria.
Anni fa i coniugi Dè Guani, Tommaso e Marta, andarono al cinema insieme al piccolo Brunello, il loro figliolo, andarono a teatro al cinema a vedere Zorro, ma la serata purtroppo cambiò presto direzione. All'uscita, vennero assaliti da dei bagordi in cerca di soldi facili. Il padre, Tommaso, era forse il migliore spadaccino della città, ma anche i migliori cadono, se vengono assaliti da oltre venti persone e da tutte le angolazioni. Morto lui, i rimanenti (molti meno della metà di quanti erano prima) si diedero da fare, a turno, con la signora Marta, mentre il giovanotto guardava. Quel giorno si ruppe qualcosa e il ragazzino, ovviamente, cambiò radicalmente, diventando cupo e silenzioso. Qualcuno disse che pareva addirittura invecchiato. Quel giorno decise che avrebbe fatto qualcosa per cambiare il mondo, dato che nemmeno il Papa, con tutti i suoi soldi e potere, riusciva a farlo.
Alfredo divenne perciò il padre, de facto, del piccolo Brunello e continuò il suo addestramento, sia militare che accademico. E' stato merito suo, nella totalità.
Ma il bambino non dimenticò mai il suo proposito.


Giacomo Gordio aspettava il vigilante al solito posto, praticamente di fianco al faro. Era un commissario della milizia avanti negli anni, uno dei più irriducibili detective di Vaticham City. Si diceva che il suo cognome avesse a che fare col famoso "nodo gordiano" e con Alessandro Magno. A Dè Guani piaceva pensare fosse così, dato che le sue doti investigative erano fuori discussione: "pensare fuori dalla scatola" era una cosa che gli riusciva molte volte ed era uno dei pochi in grado di reggere con lui una conversazione qualunque. La nobiltà e il fior fiore della società di Roma Capitale era tremendamente noiosa e piatta agli occhi dell'uomo in armatura e aveva notato che, spesso, le persone interessanti non erano mai di buona famiglia. O quantomeno non ne aveva quasi mai viste.
C'è stata un'evasione da Arcam. Aveva detto il miliziano. Giovanni Bianchi, denominato "Paziente Zero", è scappato. Insieme a lui è scomparsa anche una dottoressa, tale Arletta Quinzi. Non sappiamo ancora come e cosa è successo. Sembrano semplicemente volatilizzati. Qualcuno crede che lei sia stata rapita o costretta dal Bianchi a liberarlo, ma non abbiamo iniziato ancora le indagini. Ho pensato di far dare prima un'occhiata a te, dato che forse lo conosci meglio. Bruno si mise a pensare. Si, mi ricordo di lui. Rispose. E' stato discreto tempo fa, era un pazzo furioso. Eppure, anche all'epoca, ho avuto l'impressione che potesse fare di peggio, che fosse in fase di piena evoluzione. Darò un'occhiata, quel matto è un pericolo per tutti.
Non posso darti più di un'ora. Fai la magia che sai fare tu, poi arriveranno i miei. Disse Gordio. Ma Bruno era già sparito.
Buona fortuna, Vespertilio. Sussurrò. Pensava di averne viste parecchie, ma la visione del Crociato Oscuro gli suscitava sempre qualcosa tra la paura e la reverenza, mista a quel sentore di "deja vù".

Vespertilio, pipistrello. Quello il nome che aveva scelto il ragazzo per la sua carriera da neo-vigilante. Lo aveva scelto a causa di uno spiacevole episodio avvenuto tempo prima, quando cadde in un pozzo e trovò, come unica compagnia, molti di quei topi alati. Quasi credette di morire di paura, ma dopo quell'esperienza (salvato dal servitore che aveva sentito le sue urla) si sentiva come rinato. Credeva che dopo un tale spavento, nulla potesse più toccarlo o ferirlo e che i criminali dovevano provare la stessa sensazione che LUI aveva provato in quel momento: impotenza davanti all'inevitabile, paura della pazzia.
Al termine dell'addestramento con Alfredo, novello guerriero, il giovane Bruno girò il mondo alla ricerca dei migliori guerrieri, filosofi, comandanti e strateghi. Dai campi di battaglia del nuovo mondo ai freddi mari del nord, patria di guerrieri che si vestivano ancora di pelli. Dalla giungla del sud-est asiatico ai deserti africani. Fino ai maestri di spada dello Shogunato. Nonostante vigesse la politica del paese chiuso, grazie a soldi e raccomandazioni, Bruno potè godere degli insegnamenti di quei luminari e combattenti: niente era precluso alla nobità del paese dei Papi. Del resto, erano la più grande potenza del mondo. Negli anni duemila, la sua grandezza era pari a quella del Grande Impero al massimo della sua espansione. E sarebbe cresciuto ancora, dato che la guerra in corso contro i sultanati, in Turchia e non solo, stava procedendo bene.
Quando tornò a casa, Dè Guani aveva imparato così tante cose da essere praticamente una persona diversa. E si adoperò per progettare, forgiare, affilare armi, creare armature, oggetti e mezzi di trasporto. Tutto con l'aiuto del suo servo. Prese anche la spada di famiglia, una lama che veniva passata da padre in figlio ad ogni generazione. Un'arma che aveva visto innumerevoli conflitti e che, spesso, veniva riforgiata e/o modificata per venire incontro alle nuove esigenze. Ad oggi si presentava come una spada bastarda. Bruno la portava nascosta dal mantello perchè desiderava averla con sè per portare avanti la tradizione di famiglia, ma anche perchè non l'aveva quasi mai usata. Desiderava distinguersi dalle sue prede.
Lui non uccideva.


La sua ferraglia era stata trattata con agenti chimici che avevano reso lo sfregamento fra le piastre (e gli altri componenti dell'armatura) quasi del tutto insonoro. Il suo piccolo arsenale, di armi da lancio e non, era stato invece ben occultato nella cintura. La spada non lo intralciava minimamente mentre, attivando il visore notturno del suo "elmo", scalava lentamente la parete dell'edificio. Stava usando i cosiddetti Shuko, o Artigli di Gatto: particolari guanti, dotati di artigli sui palmi, in grado di facilitare enormemente un'azione di quel genere. Era uno dei suoi giocattoli preferiti, portato direttamente dal Sol Levante.
Aveva deciso di scalare la parete per entrare "da una porta di servizio": tutti amavano Vespertilio, a meno di essere criminali, e tutti conoscevano le sue gesta contro spacciatori, mafiosi e pretuncoli. Nemmeno i cardinali erano al sicuro da lui, ma era comunque troppo strano vederlo lì, anche in un'evenienza come quella. Ragion per cui decise per un'azione furtiva, silenziosa. Non aveva preso la sua "Vectura" per lo stesso motivo: essendo praticamente un carro armato su ruote (anzichè su cingoli), era meglio non dare nell'occhio. Aveva intenzione di sfondare una finestra, il danno minore della faccenda, ma ne notò una aperta. Pensò di capire, si tolse gli artigli e si introdusse nella stanza.
Mobili a terra, letto disfatto, oggetti lanciati alla rinfusa sul pavimento. Sembrava un furto o una rapina, classica. Si avvicinò alla porta, aperta senza nessun tipo di effrazione, da cui potè sentire urla e singhiozzi. Deve essere il personale. Ci vorrà del tempo per riprendersi da una cosa del genere. Riflettè. Non era il caso di interrogarli, per non sommare trauma a trauma, era presto per quello. Ma prima o poi sarebbe successo. Si abitueranno a me. Cambierà tutto!
Prese una cosa da terra e si spostò.
Ma qualcosa nella stanza non andava e la porta lo confermava. Decise di seguire l'ipotetica scia di fuga, dato che si trovava appena al secondo piano e non doveva essere stata troppo lunga. Non c'erano tracce di nessun tipo, perciò prese la strada che lui avrebbe percorso se si fosse trovato nella stessa situazione del fuggitivo.

Aveva iniziato poco tempo dopo, in quella squisita città che non sembrava, almeno sulla carta, aver fatto molti passi avanti rispetto al quattrocento. Le strade erano ampie e percorse da moderne autovetture, ma la città sembrava un antico borgo, quanto ad architettura. La commistione di antichi edifici con costruzioni moderne (ma costruite con stile antico) creava uno strano effetto all'occhio dell'eventuale turista. Illuminazioni al neon contornavano grattacieli con statue di santi in cima. Non era raro trovare un Occhio della Provvidenza scolpito ovunque, insieme a quadrati magici SATOR e pub mascherati da taverne. Le Chiese erano quasi ad ogni angolo di strada e, se ciò non bastasse, "cabine confessionali" erano installate davvero ovunque per permettere a chiunque di pentirsi, in diretta con un parroco dei tanti che facevano i turni. Zeppelin decorati con croci e pesci e altri immagini sacre illuminavano la città di notte. Nemmeno a dirlo, la criminalità locale era fatta dei soliti malviventi che si trovavano ovunque insieme ad anarchici neopagani e attivisti per i diritti degli omosessuali, categoria molto sfortunata a Vaticham City. La legge e il diritto erano quelli della Bibbia, con leggi ovviamente opportunamente modificate e scelte. E, ovviamente, alcune contraddizioni rimanevano all'occhio attento. Ma gli occhi attenti erano rari.
Piazza San Pietro ospitava l'obelisco più alto degli innumerevoli della metropoli, veniva chiamato "L'Occhio di Dio" e nessuno sapeva bene a cosa servisse. Però la cima luccicava spesso di colori vari. I teorici della cospirazione ci vedevano una telecamera gigante o un'antenna per comunicare con entità "superiori" e/o aliene. I più sempliciotti credevano fosse un mero simbolo di potenza. Per le le anarchiche femministe, invece, era l'ennesima conferma della fallocrazia che appestava il mondo.
Difatti i preti rimanevano tutti uomini e i "problemi noti" non erano estirpati per niente. Anzi...
E poi conobbe Gordio.


Aveva studiato perfettamente la planimetria di "Arcam" tempo prima, quando aveva accolto il "Paziente Zero" e ricordava tutto perfettamente. Immaginava che anche il fuggitivo, e l'eventuale ostaggio, avessero in mente la pianta dell'edificio, prima del colpaccio. Si trattava di usare la testa. Bianchi sembrava un pazzo, ma non era uno stupido: questa era la convinzione di Bruno.
Seguendo la sua pista ideale, arrivò al locale lavanderia. Evidentemente non era turno di bucato perchè non incontrò anima viva e non ebbe difficoltà a confondersi nelle ombre all'arrivo di un infermiere. La finestra della lavanderia, che dava sul parcheggio posteriore, era appena appoggiata. Non potevano chiudere con la maniglia da fuori. Vespertilio uscì dall'apertura, nello spazio oscuro pieno di autovetture. Quì vide solo una cosa, e la raccolse. Nessun segno di sgommata o altro, apparentemente avevano fatto con tutta calma. Fatto ciò, si allontanò come un'ombra. Tornò all'Evocatio, dove Gordio lo aspettava. Come lui aveva previsto. Non salutò neanche.
Il Bianchi è scappato con la complicità della Quinzi, come immaginavo. Non una singola traccia di effrazione o lotta. Niente unghiate, tracce di sangue, rossetto... Niente. Perciò, abbiamo due alternative: o l'ha immobilizzata a dovere e se l'è portata dietro o è stato aiutato. Mi sento di escludere la prima ipotesi per due motivi. Prese fiato, dando tempo al miliziano di capire. E' possibile, ma ritengo difficile che un internato come il Bianchi possa conoscere a dovere tutte le stanze e i corridoi della struttura, non potendo mai lasciare la stanza... Inoltre, ho trovato questo. Gli porse l'oggetto trovato al parcheggio. Un pezzo di nastro adesivo isolante argentato. Sulla parte bianca vi era del rossetto, segno che era stato usato per imbavagliare una donna. Non capisco, Bruno. Questo dovrebbe andare contro la tua ipotesi. Vespertilio sorrise, i denti scintillanti. Osserva bene. Guarda la forma delle labbra: è un sorriso. Gordio comprese all'istante.

Il pipistrello lo aveva adocchiato per prima. Dove andava uno, seguiva l'altro. Facevano a turno. L'ovvia, prima diffidenza, col tempo si era trasformata in grossolana fiducia. Il loro rapporto, che si evolveva lentamente, aveva subito una scossa quando la figlia di Gordio, Barbara, era scomparsa. Era un fatto di debiti e droga: si era scoperto che, in debito col suo spacciatore, era scappata di casa per scovare un modo di racimolare qualche quattrino e saldare. Quest'ultimo, neanche trentenne che già si sentiva come il boss Falcone, venne malmenato pesantemente da Bruno in un giorno di pioggia, promise di non farsi più vedere e scomparve effettivamente dalla circolazione. Poco dopo Bruno ammanettò Barbara al lampione vicino la caserma, lasciandole nella tasca un biglietto che recava scritto "Prego.".
Da quel momento, sembrava tutto cambiato, ovviamente. Giacomo sembrava preoccupato per i fatti avvenuti, ma non nutriva quasi più nessun dubbio sul nuovo vigilante. Anche se, senza che Dè Guani lo sapesse, era un pò preoccupato perchè la figlia si lasciava sfuggire qualche cenno di apprezzamento verso il "signor pipistrello". Preoccupazioni da padre.
In seguito conobbe anche Duccio Figliogrigio, che sarebbe diventato il suo aiutante (e anche qualcosina in più) ma questa è un'altra storia. Fatto sta che i giornali e i social media iniziarono a chiamarlo "Batman" o "Uomo Pipistrello" dato che, nonostante la lingua ufficiale fosse il latino, per strada si parlava in inglese o in italiano (per non parlare dei dialetti!).
La sua pagina non ufficiale su Instabook aveva migliaia di followers.


Gordio prese la parola. I due erano d'accordo da tempo, il nastro serviva come facciata. Magari hanno addirittura camminato lentamente fino all'uscita. Gli serviva un ostaggio... Ma che ne sai che non l'abbia uccisa dopo?
Bruno ci pensò su e rispose. Non possiamo saperlo, dato che sulla strada non c'erano tracce. O l'ha uccisa "altrove" o lei è passata definitivamente dalla sua parte. Onestamente, vedendo quel sorriso, propendo per quest'ultima ipotesi. Infine...Vespertilio rovistò nella sua cintura. ... Ho trovato questo. E' una carta francese, quella del Joker. Con del rossetto, scommetto lo stesso che c'è li e che pensiamo appartenga ad Arletta Quinzi, ha scritto la parola "Giullare". Sul retro, invece, c'è scritto "Ciao, Pipy!"
Gordio era sul punto di ridere.
Mi ha sfidato. Disse solennemente. E io risponderò.
Bruno amava andare al circo, come amava il cinema, il teatro, le presentazioni di libri e, in generale, qualsiasi manifestazione di cultura, di qualunque tipo e livello. Nella fattispecie, quel giovedì, era andato al circo a vedere il Circo dei Figliogrigio. L'origine del nome peculiare della famiglia si perdeva nelle nebbie dei tempi e, apparentemente, aveva a che fare coi pochi Rom ancora rimasti nell'Impero. Indubbiamente, però, quelle origini dovevano essere state rinnegate, perchè non avevano guai di nessun tipo con il Clero. Ne avevano altri, però...
Nonostante tutto, un certo sostrato di criminalità organizzata (e anche di un certo livello!) esisteva ed era fortissimo, ovviamente legato a doppio filo con la Chiesa. Non sempre i loro affari erano legati, come in quel caso, ma spesso era così. Nella fattispecie, quando arrivò il circo nelle periferie di Vaticham City, il capo del circo, nonchè padre di Duccio, si rifiutò di pagare una "certa somma" agli uomini del signor Falcone. Le sue parole erano, grossomodo "Abbassate i prezzi, non abbiamo soldi!". Ma gli uomini del boss, senza preoccuparsi del fatto che fosse ironia o no, lo fecero a pezzi letteralmente durante il terzo giorno di permanenza. Ovviamente non era abbastanza, e fecero mangiare i suoi resti dai loro cani, per coprire le tracce e anche per dare ulteriore dolore alla famiglia. Questo innescò diverse vicende, ma accadde all'incirca questo: Duccio venne "aiutato" economicamente da un misterioso benfattore, mentre quegli sgherri vennero portati in ospedale con oltre il sessanta percento delle loro ossa rotte. Falcone non la prese bene e inviò altri uomini, ma quegli stessi andarono a riempire il reparto di terapia intensiva dell'ospedale più grande della città Per il momento, parve finita. Ma, carpendo il dolore del ragazzo, Bruno fece a Duccio una proposta, parafrasando in senso opposto il famoso film, "difficile da rifiutare".
Qualche mese dopo un nuovo giustiziere apparve a Gotham, col nome di Pettirosso. Si trattava dell'aiutante di Vespertilio, vestito di rosso e verde, anche lui con placche di armatura, nonostante le sue doti acrobatiche fossero apprezzate dallo stesso Bruno, probabilmente fortemente colpito da esse.
Venivano chiamati i "Duomviri", o con altri nomi meno lusinghieri, ma pareva che la criminalità fosse un pò diminuita a Roma.


Dopo la fuga del Giullare, erano cominciati i veri problemi. Erano sparite diverse ragazze, curiosamente legate a tutti i livelli sociali della città. La prima era una giovane clochard. Poi fu il turno di una studentessa ubriaca, la figlia "segreta" di un prete (in particolare questo venne alla luce in un secondo momento) e anche un'impiegata dell'Ufficio della Burocrazia. Si pensò a sparizioni casuali, in seguito al fatto che fossero tutte premeditate. Poi, però, quando una videocamera di videosorveglianza aveva ripreso alcuni uomini vestiti di nero caricare su un furgone la studentessa, l'ipotesi di rapimento divenne molto più di una semplice ipotesi. Inoltre, l'aver rapito la figlia di un prete faceva capire che il mandante non era associato, almeno di facciata, alla Chiesa. Bruno pensò subito al Giullare, a causa dei fatti appena trascorsi. Inoltre, come vittime sembravano sufficientemente casuali, quasi come se fosse un messaggio o ci fosse un altro fine sotto. Non venne chiesto nessun riscatto, semplicemente scomparvero. Ovviamente, il Duo iniziò le indagini. Nonostante in giro si dicesse che Vespertilio fosse nemico della chiesa, per lui erano tutti uguali, figlie di preti o no.
Il video della telecamera mostrava la zona del porto, perciò Bruno pensò fosse il caso di dare un'occhiata, grazie all'aiuto di Gordio, alle altre sparizioni. Non ci volle molto a capire che tutte le sparizioni erano all'interno di quello che veniva chiamato, semplicemente, il Porto. Decisero, quindi, di iniziare li le ricerche. Cambiatisi d'abito, e scelto l'equipaggiamento, scelsero la via dei tetti, per perlustrare la zona. Per diverso notti non notarono nulla di strano e anche le ricerche di un ipotetico covo avevano portato ad un nulla di fatto. I due, ma soprattutto Bruno, sapevano che l'unica cosa possibile da fare era attendere e beccarli in flagrante. Questo era un male, perchè costringeva i due a stare nella stessa zona per molto tempo, ignorando altri problemi in città.
Ma qualcuno doveva pur farlo.

L'adulto si portava dietro il giovane ogni volta che usciva, anche senza costume. Lo aveva adottato legalmente. Questo aveva fatto infuriare qualche donna dell'alta società che, magari, desiderava insinuarsi tra le lenzuola del Dè Guani e che voleva un figlio da lui, per i più vari motivi. Qualcuno aveva anche messo in giro la voce che sotto ci fosse un rapporto di pederastia. In ogni caso, è meritevole precisare che Bruno non diede mai credito a nessuna voce, nè rispose mai a niente. Non ci fece caso e continuò, secondo alcuni "in maniera finta" e per salvare le apparenze, a flirtare con altre signore in galà di beneficenza o inaugurazioni di musei.
Dal canto suo, Duccio non aveva ancora smesso di ringraziarlo, insieme alla famiglia, per avergli permesso di uscire da quella condizione di povertà in cui viveva e accettava di buon grado qualunque cosa il vecchio potesse insegnargli, che fosse di combattimento o di vita. Probabilmente il Dè Guani non desiderava un figlio naturale, o chissà...
E così passò tempo, tra salvataggi di ostaggi, rapine sventate e risse con la peggiore teppaglia di Vaticham City, la più grande "palestra per uomini veri" che Duccio avesse mai visto. Era incredibile, ai suoi occhi, quanta gente da malmenare ci fosse e quanto poco la polizia facesse, per scelta o per costrizione. Vale la pena di ricordare anche che, stando a stretto contatto col suo salvatore, Pettirosso aveva perso quel poco di fede che aveva. Perchè Bruno si faceva vedere in società e non attaccava mai il Clero, ma dentro le mura domestiche era ovvio il suo astio per quell'istituzione religiosa che altro non era che la più grande Mafia della storia umana. Ora anche istituzionalizzata e potente come mai era stata, e probabilmente mai sarà.
Col tempo, grazie ai soldi di Bruno, anche Duccio ebbe possibilità di fare, ogni tanto, piccoli viaggi di allenamento, a causa dei quali migliorò notevolmente la sua già accettabile capacità di combattimento. In particolare, la sue armi preferite erano i bastoni corti, uno per ogni mano. Disciplina appresa nelle Filippine e costantemente migliorata.


Una sera videro effettivamente tre uomini aggredire una giovane ragazza al porto e intervennero rapidamente ma, come ogni tanto può accadere, non tutto andò secondo i piani. Salvarono si la ragazza, una giovane di nome Tabita, ma Duccio si fece molto male. Ne avevano visti tre, ma subito dopo, dai vicoli, erano apparsi altri cinque individui e, preso alle spalle, Pettirosso ebbe in regalo delle costole spezzate e una spalla slogata. Finita la schermaglia, Vespertilio si prodigò per aiutare la ragazza e il ragazzo. Sfortunatamente, a causa di ciò, non potè evitare che un furgone, appena arrivato, portasse via i banditi doloranti. E se ne andarono. Una volta nell'Antro, fecero il punto della situazione.
Ci aspettavano. Disse, iniziando. Si sono fatti vedere in tre, ma erano molti di più. Allo stesso modo, erano pronti col furgone, che fosse per la ragazza o per qualunque altro caso. Sono sicuro che tutto questo sia una messinscena per attirare me allo scoperto... E' come se qualcuno chiedesse di me. Duccio chiese chi potesse essere.
Ho come l'impressione che ci sia il giullare dietro, l'ho incontrato prima di conoscere te. E' come se ci fosse qualcosa tra noi, come una lotta che deve consumarsi. Come se fosse destino. Il discorso iniziava a divenire strano e Pettirosso non disse niente. Era effettivamente una situazione strana. Ma ho già un'idea. So chi ci può aiutare, in questo caso. Il ragazzo fece una faccia interrogativa, assolutamente preso alla sprovvista e anche un pò arrabbiato, data la sua situazione. Voleva essere lui ad aiutare, ma non poteva.
Chiederò aiuto a Selina. Duccio protestò un pò: non le piaceva quella donna, anche se non gli aveva fatto nulla. Semplicemente non correva buon sangue tra i due, per motivi tutti loro.
Un'ora dopo, la Gatta si fece vedere, in costume, sul tetto della Torre dè Guani, uno degli edifici più alti della città. Vespertilio la stava già aspettando. Parlarono per alcuni minuti, che lei passò a gironzolare intorno a Bruno, sfiorandolo in maniera seducente coi suoi artigli d'acciaio.
Ti costerà. Disse la gatta, le cui forme nel corpetto in cuoio rendevano difficile all'uomo la concentrazione. Pagherò.Rispose lui.
E furono d'accordo.

Incontrò Selina per la prima volta nella parte "vip" della città. Il bersaglio era il medesimo. Lei voleva svaligiare un riccone e lui la stava controllando da giorni. Iniziò come una rissa tra camionisti, per poi diventare una sfida di arti marziali. Infine divenne un incontro di lotta molto confuso che, a vedersi, sembrava tutt'altro. Ad una certa Selina lo colpì all'inguine col ginocchio, ma il rumore sorto che seguì le fece capire di aver colpito una protezione. Bruno sorrise. "Quella è la prima cosa..." Disse poco dopo. E ripresero a battersi. Infine, per un motivo o per l'altro, la Gatta scomparve e Vespertilio non ebbe nulla da ridire.
Da quel momento si erano visti varie volte da lontano, quasi salutandosi, ma senza mai interagire. Erano come messaggi non scritti, come un'intesa fragile ma visibile. Un non pestarsi i piedi a vicenda.
Pettirosso non la sopportava, probabilmente per quella sua aria da femme fatale. Forse si sentiva preso in giro o non preso sul serio: un bambino in un gioco tra adulti. Non scambiarono mai parole, ma è anche vero che si videro poche volte.
In quel momento, però Bruno aveva bisogno di lei e il prezzo da pagare fu alto.

Che ti ha chiesto? Chiese Pettirosso. Te lo dirò un'altra volta. Tu riposati, ormai è quasi ora. Ma Duccio non era d'accordo e protestò. Convincerlo non fu troppo difficile, gli era impossibile difendere se stesso e/o Bruno. Quest'ultimo, infine, scese nella sua caverna. Accese il monitor principale, sorseggiando un bicchierino di "Grappa Gardin", la sua preferita, versata dal buon Alfredo. Azionò alcuni comandi, lesse delle stringhe e infine si alzò, preparandosi per la "vestizione". L'armatura, le armi da lancio, il visore modulabile su diverse frequenze, i guanti. Questi ultimi trattati per reggere una scarica di mitragliatrice per qualche secondo, senza danni. Infine la spada, la lama della sua famiglia. La nascose nel mantello. Poi controllò che gli arnesi fossero apposto e che il rampino avesse la corda in buono stato.
E se ne andò.

Nel porto, tutto taceva. Dè Guani fece due passi sui tetti vicini prima di vedere l'edificio designato, perfettamente mimetizzato. Pareva non esserci nessuno, poi si avvicinò un uomo, gettando a terra una sigaretta. Vespertilio gli apparve alle spalle, stringendolo in quella che gli anglofoni chiamano "sleeper hold": uno strangolamento elementare in cui si avvolgevano interamente le braccia intorno al collo dell'avversario. Il debito d'aria e gli arti premuti sulla gola impedirono al malcapitato di fare il minimo sospiro che, poco dopo, si accasciò. Bruno lo lasciò semplicemente lì vicino, tanto era sicuro che, se si fosse svegliato a missione non ancora compiuta, probabilmente sarebbe stato l'ultimo dei suoi guai, il più insignificante. Poi si girò verso l'anonima porta. Si fermò un istante a riflettere, poi, presi gli attrezzi da scassinatore, la aprì senza fatica.
Si era fidato delle informazioni che aveva. In circostanze normali sarebbe entrato dal tetto o avrebbe trovato un altro ingresso, ma adesso aveva deciso di non porsi troppe domande e consegnarsi all'aiutante che gli aveva comunicato la presenza di un'unica guardia all'ingresso. Un sospiro di sollievo accompagnò l'entrata di Bruno nello stabile. Questo voleva dire che poteva fidarsi anche in altre occasioni, almeno ipoteticamente. Dopo un corridoio trovò qualcosa di simile ad un soggiorno. Su due divani paralleli, dormivano altrettani uomini. Nella parete che aveva davanti, un grosso armadio copriva parte del muro. Qualcosa non quadra. Pensò. Usciti dalle peggiori bettole di Roma, erano tatuati dalla testa ai piedi e il loro alito puzzava di whiskey a buon mercato. Vespertilio li lasciò a dormire, ben sapendo che il sonno naturale, se non interrotto bruscamente, era più efficace di uno indotto con la forza. Salì perciò le scale a chiocciola lì vicino. E lì vide il primo intoppo: un uomo stava percorrendo le scale in senso opposto rispetto a lui. Bruno lo capì prima, vedendo l'ombra avvicinarsi. Era preparato: non appena l'uomo comparve, il vigilante chiuse il pugno in una maniera chiamata 一本拳, "Ippon Ken" (pugno con la nocca del medio sporgente) e lo attaccò allo stomaco, mozzandogli il respiro e facendolo piegare dal dolore. Da quì prese la testa con entrambe le mani e la sbattè sul suo ginocchio destro. I danni e la tempestività furono efficaci e l'uomo si accasciò sulle braccia del vigilante che, dopo averlo preso sulle spalle, lo appoggiò per terra, tra i due divani che erano sotto.

Le scale terminavano in un ballatoio, presidiato da due uomini. Bruno capì di non poterli tramortire entrambi nello stesso momento, perciò pianificò attentamente tutto. Lanciò uno dei suoi "Pugii", a forma di pipistrello, verso quello alla sua sinistra, colpendolo alla gamba. La tossina soporifera di cui era ricoperta la punta avrebbe agito in fretta e avrebbe fornito a Bruno l'opportunità perfetta per attaccare. Appena il suddetto disse Ma che cazzo mi ha punto?, l'altro rispose: Fa un pò vedere! Mancava ancora qualche secondo.
Il primo, intanto, perse le forze e l'altro era quasi sul punto di dare l'allarme, ma venne anticipato di pochi secondi. Mancando del terreno, Vespertilio usò la spada, ancora rinfoderata, per colpirlo di punta sulla testa. Quello venne tramortito e parve perdere la coordinazione per qualche tempo, tempo che venne usato dall'eroe per metterlo a dormire con un altro strangolamento. Il suo addestramento, i muscoli e la coordinazione erano tali che tutto avvenne in una manciata di attimi. Sistemati i due, si sporse dalla ringhiera improvvisata: nello spazio enorme sottostante, la scena parlava da sè. Il Giullare suonava un maestoso pianoforte a coda, osservato dall'Arlecchina con occhi sognanti. Poco vicino, seduta ad una sedia e ammanettata, vi era Selina, vestita come se fosse uscita da una serata di gala, con un bavaglio a pallina rosso nella bocca. Osservava tutto con velata noia. Probabilmente, per lei, era routine. In ogni caso, Bruno non capiva la forma della stanza, che senso aveva un balcone su quella stanza? Come ci entrava la gente là sotto? Si calavano da li? Poco probabile. Poi pensò a quell'armadio nella stanza di sotto, l'unica spiegazione era che coprisse la porta che conduceva effettivamente li. Avrebbe controllato in seguito. Ora doveva liberare la Gatta e fermare i due criminali: il piano era andato esattamente come aveva previsto. Anche la sua intuizione sul Giullare era corretta. C'era solo da chiudere tutto. Usò la pistola rampino per issarsi silenziosamente su una trave, esattamente sopra i due. Poi si lasciò cadere, con l'intento di cadere loro addosso.
Ma non erano sprovveduti e l'unica cosa a rompersi sotto il sabaton di Vespertilio fu quel bellissimo (e costosissimo) strumento musicale.
Eccolo! Il più matto di tutti! Urlò il Giullare.

- Mostro! Era Bruno.
- Io mostro? O tu che mandi la tua amichetta felina a farsi catturare apposta? Vestita in ghingheri. Anzi, mezza nuda, piena di chincaglieria. Mancava solo che avesse scritto "rapitemi" sulla fronte! Ahahahahah!
- Tu lo sapevi?
- Oh si, certo! Come so che c'è una microspia nel suo anello dorato della mano sinistra, che hai usato per capire dove fosse il mio covo! E come so pure che il suo ciondolo nasconde una telecamera! SORRIDI SIGNOR PIPISTRELLUCCIO, SEI SU CANDID "FOTTUTA" CAMERAAhahahah! Disse salutando l'inquadratura. Anche Selina spalancò gli occhi, era sbalordita.
- E nonostante ciò... Hai seguito il copione, perchè?
- Beh qualche sorpresina te l'ho lasciata, tipo quella porta! Disse indicando dietro Vespertilio. Che entrata sarebbe dalla porta principale? Ci volevano i fuochi d'artificio! Peccato, a rivendere questo piano ci avresti sfamato tutti i senzatetto di Roma per un mese!
- Hai nascosto quella porta solo per farmi arrivare dall'alto? Sei un pazzo furioso! Anche la casa in sè aveva una planimetria discutibile, ma parlarne era inutile. Probabilmente l'aveva costruita un pazzo tipo il Bianchi.
- Ahahahahah, ti ho portato quì, caro il mio pipistrello! E ora muori! E prese un revolver. Sparò a bruciapelo, ma uscì una bandierina con su scritto "Giullare". Bruno si era protetto ed era sicuro che la sua armatura lo avrebbe salvato ma, alzando le mani sulla testa, aveva scoperto il busto. Perciò Arletta, fino a quel momento quasi assente, lo colpì con il suo pesante martello, mandandolo a impattare sul muro.

Istintivamente, Bruno effettuò una capriola per togliersi dalla traiettoria di un altro attacco e lanciò un Pugio nella parete dietro Selina, poi, osservando Arletta attentamente (e il Giullare dietro), sfoderò la lama dei Dè Guani. Non farmi ridere, non puoi ucciderci! Urlò Bianchi, curioso di sapere cosa ci avrebbe fatto, con quella splendida lama. Era stata trattata con metodi moderni e luccicava più dell'argenteria della sua magione. Arlecchina attaccò di nuovo, in maniera goffa e il pipistrello si difese.
Il manuale "Flos Duellatorum" è un manuale di tattica e strategia militare scritto da Fiore dei Liberi, uno schermidore quasi leggendario, nel quindicesimo secolo. Trattava dei più vasti modi di uccidere una persona con tutte le armi dell'epoca e anche a mani nude, senza contare l'uso di oggetti non convenzionali come cappe, lanterne e via dicendo. Per tradizione familiare, Vespertilio conosceva quel manuale meglio del suo albero genealogico (che era ben nutrito) e, oltre a quello, aveva memorizzato centinaia di altri manuali militari. Tutto questo per dire che la prima simpaticona con un martello gigante era un pericolo poco credibile per un uomo del genere, cresciuto in una famiglia di militari. Le armi sono una cosa seria.
Con un colpo di lama, mutilò il martello, facendone volare la testa sul muro dietro di lui, poi colpì la mascella di Arletta così forte, con un pugno, che cadde lunga distesa. Si concentrò quindi sul Giullare, che aveva preso un'alabarda chissà dove. Iniziarono, senza parole (solo risate), a scambiarsi furiosi colpi. Bruno era in svantaggio, tuttavia, perchè non voleva ferirlo, mentre l'avversario l'aveva già toccato in varie parti della protezione. Intanto anche Arletta si era ripresa, pronto a colpirlo con quello che era rimasto del martello. Incredibilmente, però, venne fermata con tempismo perfetto da Selina, liberatasi in pochissimo tempo grazie al pugnale di Bruno. Le due donne si avvinghiarono e alla fine della mischia, la Gatta stava cercando di strozzare l'altra con la cinghia del bavaglio a pallina, in una lotta senza esclusione di colpi.
Il duello d'arme continuò. Non sei una persona comune, dove hai imparato a muoverti così bene? Chiese Bruno. L'altro rispose ridendo e rinnovò l'assalto.

Alla fine l'eroe trovò un'apertura e colpì il Bianchi sulla tempia, con l'impugnatura della spada. Poi si beccò un pugno nel naso e un calcio sul ginocchio. Vide la sua compagna, ormai quasi sconfitta, dimenarsi contro la Gatta e comprese che, forse, era il caso di ripiegare. All'improvviso, quindi, una nuvola di fumo ricoprì la zona. Una bomba fumogena! Il vigilante azionò il visore termico, ma, una volta attivato, vide la stanza vuota. Scorse appena solo un movimento in fondo alla sala, sulla destra. Scattando in quella direzione notò una parete finta, che poteva essere ruotata su un cardine. Dava su un vicolo deserto, nel silenzio della notte. Bruno sbuffò. Una vittoria di Pirro.
Tornato indietro, colpì, con un calcio, Arletta sul diaframma, che finalmente si accasciò. Selina si avvicinò a lei con manette e pallina di gomma, decisa a vendicarsi. Vacci piano, arriverà la polizia. Selina sbuffò, ma, dopo averla immobilizzata, si fermò. Dove sono le ragazze? Chiese lei, molto provata. Si era sfilacciata la finta collana e l'anello, distruggendoli sotto il tacco. Si misero a cercarle. Erano state tutte sgozzate e, dopo morte, fatte sedere intorno ad un tavolo, con cappelli a punta. Con le loro interiora, uno aveva scritto "Buon Compleanno Pipy!" su un piatto, come fosse una torta di compleanno. L'odore era nauseabondo. Quelle donne erano morte per attirare lui e lui non lo avrebbe dimenticato.
Tornò a casa, si fece una doccia. Sotto il getto d'acqua versò delle lacrime, le prime in anni. Poi, sistemato e pulito, tornò da Duccio, per aggiornarlo.

Una settimana dopo, le indagini portarono a qualcosa di concreto. Abbiamo scoperto che il Giullare ha preso accordi con un certo Signor Gorilla per qualcosa di molto "losco". Disse a Selina, una sera. Hanno parlato di una certa "Gotham". Selina arricciò le labbra. E che diavolo è?
- Ho qualche idea al riguardo. Disse Bruno. Li seguirò e li fermerò. Insieme a Duccio. Vuoi unirti?
- Non credo, non mi interessa granchè. Sono venuta a riscuotere. Ti ho visto mentre mi osservavi, al Porto. Il tuo sguardo era... interessante...
- E sia... I debiti vanno pagati. Rispose.

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