venerdì 19 aprile 2013

Belve

Belve

La bocca sollevò dal fiero pasto.“

- Dante Alighieri, Inferno XXXIII

Un uomo si avvicina a quello che sembra il cadavere di un soldato e gli fruga nelle tasche. Ne trae un diario. L'uomo va alle ultime note e comincia a leggerle. Ad alta voce.

Frammento del diario di Marco Rossi.

Il mio naso pizzica. E' stuzzicato dall'odore di carne bruciata. Bistecca, mi viene da pensare. E per un attimo ci credo io stesso anche se so che non è così. I corpi di due uomini e una donna sono a pochi passi da me, tutti con un foro bruciante nella loro divisa militare. Il fumo appesta l'aria ma a me sembra incenso. Prendo un attimo per respirare, per organizzare il cervello e abbandono la posa che ho avuto fino a questo momento: abbasso la pistola. Mi metto eretto e faccio per prendere la borraccia alla mia cintura. Mi accorgo che è vuota. Lancio la bottiglia fuori dalla mia vista e rinfodero la pistola e mi do all'autocommiserazione. Non dovevo ucciderli. Sono esseri umani. Sono come me, Etc. Una marea di seghe mentali mi distoglie dal vero problema. E io lo lascio fare perché per questi pochi atti voglio sentirmi una brava persona, anche se ormai sono una razza in via d'estinzione.

Nella morte non riesco a distinguerli più. Sono solo tre maschere di morte, tre involucri di carne contenenti organi, sostanze chimiche e una gran quantità di liquido rosso. Stanno fermi lì sull'asfalto e si raggrinziscono. Uno dei due è in una pozza di sangue rappreso, forse una ferita precedente o sangue d'altri. La donna non aveva avuto nemmeno il tempo di prendere l'arma. Senza neanche pensare li ho uccisi tutti e tre e la gravità del gesto mi schiaccia al terreno. E' una sensazione martellante di disgusto e follia. Li guardo e vedo me, fra qualche tempo forse. Pietrificato in una maschera d'orrore che maledice il creatore di quello scempio. Non c'è differenza tra noi esseri umani, in vita o in morte.

Mi lascio lo spettacolo alle spalle e continuo a camminare, mano destra sull'arma. Pronto a uccidere ancora e, magari, a trovare quello per cui sono venuto qui dal mio paese. La crisi globale ci aveva spinti tutti uno contro l'altro senza possibilità d'uscita o di soluzione amichevole. Quando si tratta di bisogni primari siamo animali al 100%, nessuno escluso. E questo va un po' schifo. Ti rode dentro. Perché secoli di storia hanno preteso di portarci da tutt'altra parte. E anche perché bastano gli avvenimenti di due anni per mandare tutto a puttane. E continuo a vagare. Nonostante i miei uomini e donne siano morti tutti sono tutt'altro che pronto ad arrendermi. E' un bisogno reale il nostro. L'aria bruciata mi stimola la salivazione e provo un desiderio incredibile di mordere qualcosa, di masticare.

L'ambientazione urbana intorno a me è decadente. Sembra di stare in un monster movie ma con più cadaveri. Alcuni sono mangiucchiati, altri a pezzi. Un odore di sangue appesta l'aria. Sangue e fumo. Il mio stomaco borbotta, ma non è l'unico. Anzi. Ho la bocca impastata, la mascella va su e giù come una fiera. La testa mi porta l'immagine di una succulenta coscia di pollo e questo mi fa soffrire. Poi torno in me e faccio due più due. Mi fermo a pensare e a riorganizzare il cervello. Come posso controllarmi? Nessuno può. Tutti cadono di fronte alla verità e non c'è niente di più vero del cibo. Niente. E per far tacere il resto del corpo affatico i piedi, accelero il passo ed entro in quello che sembra un parco, tutti gli alberi sradicati, l'erba è masticata ma non si vedono pecore. Un lamento mi fa girare la testa.

Una donna si sta avvicinando a me, disarmata. Me ne accorgo poco prima. Mi guarda con occhi confidenti e anche un po' languidi. Non riesco a capire se stia parlando nella mia lingua madre o la lingua di questo posto ma so che riuscirò a comprenderla. E anche questo mi fa paura. Dice di essere incinta e di avere fame (o forse dice che il piccolo ha fame). Sto per risponderle quando mi accorgo dal rilevatore che porto su un occhio, che sta dicendo menzogne. Una scansione del suo corpo a raggi X appare sul mio rilevatore e leggo le sue funzioni vitali. Non c'è un'altra vita in lei e in effetti il ventre le appare normale. Le dico la verità e lei sbianca. Ma si avvicina comunque e mi abbraccia. Prova a baciarmi. La lascio fare perché ho bisogno di quel contatto umano. La sua mano dal mio collo, va alla sua cintura ed anche se non vedo, sento uno scatto metallico: le fermo il polso a pochi centimetri dal mio collo e la spingo. Lei si rialza e urlando, mi si butta addosso col suo machete. La colpisco due volte al torace e cade fumando. 

Le narici si allargano. Decido di scappare da lì prima di cadere in un'altra visione macabra. Corro per dieci minuti buoni completamente senza meta e incappo nel medesimo market. Ne avevo girati decine, tutti ovviamente vuoti. Ricordo, avevo pensato che si fossero mangiati pure le scatole, non solo il cibo. Il rilevatore mi dice che il posto è disabitato. Un bip rassicurante. Quell'aggeggio schifoso costa quando una di queste case eppure non riesce a placare in me un semplice istinto. Mi avvicino all'entrata e decido di fare ancora un tentativo. Entro e faccio un giro del posto.

Non che mi aspetti di trovare qualcosa ma non mi perdonerei di non averlo fatto. La buona riuscita della missione dipende da me solamente e non posso crearmi nessuno scrupolo. Cammino e il mio occhio incappa in qualcosa di metallico sul pavimento: una chiave a scansione, la raccolgo. Sopra c'è disegnato il logo del posto e deduco che debba aprire qualcosa che sta lì dentro. I cadaveri qui dentro sono relativamente pochi e tutti emaciati, ma interi. Forse persone che si sono lasciate morire fin lì sperando nel cibo. Faccio il giro più e più volte senza trovare nulla. Infine, sconsolato, mi dirigo alla cassa. La macchina degli scontrini presenta un foro da chiave. Cosa mai potrò trovare dentro una cassa? Mi chiedo. Ma comunque la infilo e giro. I led luminosi lampeggiano e tutto il bancone si apre in due. Sembra la scena di un film.

E dentro trovo una bellissima scatola grande quasi quanto me. Sulla facciata che ho davanti sta una bellissima mucca che pascola in un campo, poi un cognome straniero che non conosco. Il cuore mi batte all'impazzata e il mio cervello scoppia d'informazioni. Immagino un futuro felice e mi osservo in una casa di riposo per persone obese. Vedo queste e altre cose. Intanto le ghiandole salivari cominciano a produrre, sento che sto sbavando. Come un cane. Mi sento come un uomo normale che trova la prova vivente del fatto che Dio esiste e mi tremano le mani. Afferro la scatola pronto a tirarla fuori. Tutta questa situazione mi ricorda una storia che ho letto da bambino, ma di cui non riesco a ricordare il finale. Un giorno un uomo va su una barca ma questa naufraga. Dopo molte peripezie approda su un'isola deserta e passa il primo mese a mangiare e a scoprirne fauna e flora locale. Si abitua alla sua nuova vita e non la disprezza, cerca di vederne i lati positivi. Va avanti così ma poi, prima lentamente poi di colpo, si affaccia lo spettro della noia e prega che gli accada qualcosa di nuovo o che trovi un modo per cambiare questo stato di cose. Girovagando per l'isola trova un pacco. Incuriosito e felice lo apre, scoprendolo pieno di libri: copertine rigide e tutti colorati. Il suo cuore è colmo di gioia. Proprio come il mio. Ma non so perché non ricordo come finisca quella storia. La fantasia svanisce mentre apro la scatola e trovo tanti piccoli involucri del tutto uguali a quella della gigante scatola. Sbavando per terra per la contentezza ne apro una e dentro trovo una marea di pillole.

Davanti ai miei occhi appare qualcosa che associo a pillole di aspirina, ma intuisco dall’odore che non è così. Sento gli occhi umidi. Reminiscenza: la storia terminava con una macabra scoperta: tutti quei libri erano scritti in giapponese. All’improvviso quella narrazione terminava in quel modo…..ma la mia prosegue. Resto immobile per mezz'ora tentando di non pensare a niente ma non ci riesco. Butto giù due o tre pillole. Le ingoio e non sento niente. La crisi globale era giunta di soppiatto e ci aveva colti tutti all'improvviso. Nessuno era riuscito a reagire con prontezza e criterio. I rapporti diplomatici furono le prime cose a cadere e diventammo tutti, all'improvviso, nemici. Loro hanno il nostro cibo. Non si riusciva a pensare ad altro. Noi soldati del B.I.M.B.I., ente governativo speciale del mio Paese, ci trovammo in terra straniera in cerca di viveri. E questo è quanto. La gloriosa missione del mio paese... E troviamo pillole. I miei superiori mi faranno a pezzi se porterò loro questo schifo. E' tutto un delirio. Voglio mangiare! Voglio mangiare! Voglio-

Le note si interrompevano all'improvviso. L'uomo guardando sotto di sé si accorse che accanto al cadavere vi erano pure i corpi di tre esseri umani spolpati fino all'osso. Vide anche sul braccio sinistro di uno dei corpi vi erano evidenti segni di morsi. Il terreno ora è colmo di quelle che sembrano medicine.

1 commento:

  1. Carina questa one-shot dark-fantascientifica. Ti dissi che non sono affatto una patita della fantascienza, ma le tue storie mi stanno facendo ricredere :)

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