sabato 13 aprile 2013

Reali Finzioni

Reali Finzioni

Tutta l'infelicità dell'uomo deriva dalla sua incapacità di starsene nella sua stanza da solo.”

    - Blaise Pascal



Il rumore degli spari copre tutti i suoni di sottofondo, non riesco nemmeno a percepire il battito del mio cuore. Ma so, senza alcun dubbio, che batte con un frastuono tale da competere con un assolo di batteria suonato a velocità allucinante. In questi casi tutti sparano ma senza mirare. Sono tutti troppo impauriti o scossi da fermarsi un attimo a prendere la mira. Siamo esseri istintivi, in fondo vogliamo tutti solo riportare a casa la pellaccia. E quindi spariamo riducendo i nostri ripari a scolapasta. C'è qualche colpo fortunato e magari qualche grido. Magari qualcuno cade a terra. Esulti due secondi contati e poi continui. Ecco, ora è proprio così. Guardo a destra cercando di intravedere il mio socio. Mi da un ok con la mano. Siamo ancora tutti interi.

Qualche passo dietro c'è anche il terzo elemento della squadra. Di solito lei è l'hacker del gruppo ma per questa sortita ha scelto di venire con noi. Ovviamente la sua mira è ridicola ma si da da fare. Non è eccessivamente bella né affascinante ma sono terribilmente attratto da lei. E c'è un buon 10% che la cosa sia ricambiata. Ad ogni modo avanziamo lentamente: le nostre pistole a impulsi funzionano a dovere e non c'è mancanza di proiettili. Dieci minuti dopo l'ultimo è caduto e ci alziamo dai nostri ripari. Il mio compare lamenta un dolore al ginocchio, ma ce la farà. Mi dispiace per il dolore: il ginocchio, insieme allo stomaco, è il punto più doloroso in cui ricevere un proiettile. Esperienza personale.

La tipa si ferma a soccorrere il ferito mentre io procedo da solo. Secondo la planimetria che è dentro il mio Magiko dovrebbe essere la seconda a destra. Avanzo con cautela, il silenzio è tutto. Svolto l'angolo e mi ritrovo davanti un energumeno. Riesco a colpirlo in due punti prima ancora che riesca a prendere in mano l'arma. Sentendo l'odore della carne bruciata lo supero, eccomi alla porta. Non riesco a leggerne i caratteri ma so benissimo che è lì. Questa scena me la sono prefigurata un milione di volte e ognuna di esse aveva un finale diverso. L'avercela davanti mi fa solo sorridere. Prendo fiato e la sfondo con un calcio frontale, facendo irruzione come dei poliziotti da fiaba.

La prima cosa che vedo è il mio primo obiettivo: il quarto elemento della squadra. Era stata presa poco tempo prima perché aveva avuto la fantastica idea di giocare a fare l'eroe, da sola. Si trovava su una sedia con le mani legate dietro la schiena e un panno appallottolato nel cavo orale. Sembrava insultarmi ma non capivo bene. Bene, sono a metà. Mi avvicino a lei ma appare un tizio che mi sbarra la strada. Non sembra molto contento di vedermi. E' mio fratello, il braccio destro di tutta quell'organizzazione malata che volevamo fare a pezzi. Ci guardiamo in cagnesco, da bravi gemelli quali siamo. Come in un copione buttiamo le armi e ci mettiamo in posizione di combattimento.

Iniziamo a darcele. Avevamo studiato entrambi il combattimento corpo a corpo nell'esercito e avevamo le medesime caratteristiche. Sarebbe stata la fortuna a decidere chi sarebbe stato il vincitore... Sembrava di combattere con uno specchio. Dopo molti tentativi lo stringo all'angolo e piazzo un calcio circolare alla sua tempia, le gambe gli cedono. Lo scruto per vedere se succede qualcosa ma niente, abbasso la guardia. Poi lui, improvvisamente, si lancia verso la pistola che aveva lanciato pochissimo tempo addietro e prova a spararmi, io mi tuffo per terra schivando il colpo e contemporaneamente prendendo la mia. Poi gli sparo, disintegrandogli il cuore. Si accascia senza vita ma non piango per lui, se l'era cercata. Libero la mia compagna e usciamo insieme dalla stanza.

Grazie.” Mi dice. Poi mi abbraccia.

Dovere!” Rispondo ricambiando l'abbraccio.

Decidiamo che io sarei andato a scovare il capo mentre lei avrebbe disattivato la rete elettrica per non permettergli di fuggire. Ci separiamo e sono di nuovo solo. Cammino ricontrollando il mio Magiko sulla mano. Arrivo ad un altra porta, molto simile a quella di prima. Non busso ma apro lentamente la porta. Lui è lì ad aspettarmi. Guarda il paesaggio fuori dalla finestra con le mani intrecciate dietro la schiena.

Finalmente ti vedo. Sarà un piacere molto breve perché ho intenzione di svitarti la testa!”

Vieni a prendermi!” Gli dico stringendo la pistola. Lui si getta verso di me e cerco di sparargli...



<< Bene, fermiamoci qua. >> Dice il Raist il Mago. << Si è fatto tardi e domani ho lezione all'università di Kinston. Raccogliete la vostre cose, vi voglio fuori da casa mia entro cinque minuti! >>

<< Ma stavo già tirando i dadi per vedere se lo colpivo! Proprio alla fine... >> Rispondo lasciando cadere i dadi sul tavolo. << Mancava così poco. >>

<< Beh comincio anche io a essere stanco. Domani ho il giro di ronda. >> Dice Carmon. E' un soldato che sta ai cancelli della città. Di fatto non fa nulla tutto il giorno, ma ogni tanto si presta a questi giochi.

Le due donne si alzarono ringraziando. Poi se ne vanno insieme dato che abitano insieme nelle camere dell'università dove lavora il vecchio mago che ci fa da Magister.

<< Pip, buona notte! I giochi per stasera sono finiti. >> Mi chiude la porta in faccia.

Me ne vado verso la taverna, insoddisfatto. E' tornato tutto come prima, una normalissima serata senza alcun colpo di scena. Di draghi non se ne vedono più da secoli e il regno è in pace. Non si sa né come né perché ma persino le tasse sono basse. Il mio impiego come fabbro mi da abbastanza per campare dignitosamente ma manca qualcosa. Mi sento inutile. Al mattino quando mi sveglio, la notte quando vado a dormire, mentre lavoro, al mercato. Non è noia, ho tante cose da fare, eppure sento che manca qualcosa. Le serate da Raist sono le cose che aspetto tutte le settimane, almeno nel mondo di Arret sono un importantissimo soldato sempre in giro per il mondo a sgominare organizzazioni terroristiche con un super team. Qui sono solo un fabbro. Alcolizzato per giunta.

In taverna Otiv mi fa le solite domande. Ormai è abitudine, dopo ogni serata di gioco mi aspettano due pinte di birra (e spesso anche altro...). Lui nota la mia solita espressione storta e laconica. Non mi fa la solita domanda, ma invece mi chiede perché continuo ad andarci. Dice che mi sto facendo del male e che questo mi farà stare sempre peggio. A stare sempre fra le nuvole si perde di vista il fatto che esiste comunque la forza di gravità. Bevo due sorsi pensandoci poi decido di rispondergli. O forse rispondo a me. Quando saprà la risposta ve lo farò sapere.

<< Lo faccio perché è divertente. Questa vita mi sta stretta, voglio correre all'avventura e fare qualche stupidata. Penso che, nonostante questo bel periodo di prosperità, ci sono persone che non possono essere felici perché vogliono comunque qualcosa di nuovo. Non basta stare bene perché troverai rogne anche quando stai bene. E' un circolo vizioso infinito. >>

<< Io sto benissimo e gli affari non vanno così bene da tempo. >> Un'argomentazione che fa a pezzi il mio castello di convinzioni fittizie.

<< Beh io no. Tutto questo non mi basta. Qui non sono nessuno. Almeno una sera a settimana sono chi scelgo di essere, senza se e senza ma. Ho bisogno di sentirmi importante suppongo. >>

Mi ride addosso. << Ma è una finzione Pip. E' solo nella tua testa. >>

<< Esatto, ma a me sembra reale, almeno per quelle due o tre ore. E non cominciarmi a dire che sono troppo grande per queste cose. La verità è che mi manca qualcosa, odio la monotonia. Mettere ferri ai cavalli non è il massimo della vita. >>

Otiv se ne va a servire un altro cliente e io continuo a rimuginare su queste cose. Penso che vivere senza autostima sia come camminare con un piede ferito e solo Roht sa quanto mi fanno male i piedi. Finisco la birra e, dopo un poderoso rutto, torno a casa.

1 commento:

  1. Nah, non mi è piaciuta per niente. L'ho trovata puerile dal punto di vista stilistico, illogica dal punto di vista della trama. Mi dispiace, ma è così :(

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