mercoledì 15 agosto 2012

Lunga Notte

Lunga Notte

Colonna Sonora: Soilwork – The Crestfallen (2005)



Chi rifiuta il Sogno deve masturbarsi con la Realtà.”

    - Ennio Flaiano



Vorrei che questa notte non finisse mai!”



**



Non faccio che girarmi da ore. Mi serve qualcosa da fare. Non riesco a passare così un solo minuto di più. Sono stanco di dormire. Anche se è notte fonda. Anche se fuori ci sono solo cani, barboni e quant'altro. Mi sembra di morire lentamente. Mi manca qualcosa. Qualcosa di importante.

Mi alzo buttando per terra le coperte, mi vesto e mi avvicino alla finestra. C'è una splendida luna piena. Nessuno la contempla perchè tutti dormono. E non sanno cosa si perdono. Spero lo capiscano prima o poi. Non esiste mica solo il sole. La luce è talmente forte che sembra giorno. Ma non lo è. Poi vedo il primo.

Sta retto sulle zampe posteriori, pelo lucido. Grigio. E' curvo, sembra gobbo, gli artigli protesi. Ghigna. I suoi occhi rossi sembrano insultarmi in una lingua sconosciuta. Gli ricambio lo sguardo, con ferocia. Se solo potessi gli sputerei. Poi comincio a ragionare. Luna piena, loro. Si è ovvio. Come ho fatto a dimenticarlo. Lentamente sorrido.

Apro l'armadio e prendo tutto l'occorrente. Butto il pigiama sul letto e mi vesto. Jeans, scarpe con la punta di ferro, maglione con cuscinetti su gomiti e ginocchia. Quest'ultimo è nero e reca una scritta in bianco: 武者. Traducibile in guerriero. Me la sono fatta ricamare apposta. Poi metto il giubbotto di pelle lungo, che arriva sotto le ginocchia. Infine i guanti, imbottiti anch'essi come il maglione. Poi da sotto il letto prendo la custodia di Chiara. La mia claymore scintilla alla pallida luce lunare che filtra dalla finestra. Lama d'argento. Un metro e mezzo di lunghezza per un totale di quattro kilogrammi di peso.

Il solo tenerla in mano mi tranquillizza. Ho ucciso talmente tanti lupi con questa che ho perso il conto. Esco sulla strada, poi prendo una pietra. La lancio verso il tizio sul tetto, quello di prima. Quello stronzo mi salta addosso ma lo impalo. Il sangue mi cola addosso, mi schizza, poi lo lascio andare. E appena lo faccio mi torna un pensiero. Una cosa importantissima. Casa sua è qui intorno. Devo cercarla. Non posso rischiare: è la prima volta che si spingono qui intorno, così lontani dalla cattedrale. Comincio a correre.

Resto sempre con la lama in pugno, pronto a trapassare qualunque abominio. Il freddo vento di febbraio mi riempie i polmoni, mi acuisce le sensazioni. Corro. Poi arrivo davanti casa sua e ne trovo uno davanti alla porta, pronto ad entrare. Lo trafiggo mentre è di spalle, quello si accascia ululando. Ritiro la spada e ne vedo subito un altro. Non capisco da dove sia venuto fuori. Mi attacca con i suo artigli ricurvi, mi oppongo con il mio argento. Scintille. Riesco a respingerlo. Lo incalzo con ferocia. Questo non è uno qualunque.

Finto un fendente alto e miro alle caviglie. Lo azzoppo, il sangue esce dappertutto. Sangue corrosivo. Lui ulula, implora pietà. Dio perdona. Io No. La lama della mia Chiara gli fa il cervello in mille piccoli pezzetti. Smette di muoversi. Mi muovo con velocità verso la porta, è aperta. Dentro è tutto immerso nel silenzio e nel buio. Camera sua è di sopra. Mentre salgo le scale sento la loro presenza, sono vicini. I suoi genitori stanno dormendo al piano di sotto, meglio non svegliarli.

Apro delicatamente la porta della sua camera, mi avvicino a lei. I suoi capelli corvini riempiono tutto il cuscino, mi fanno pensare alle radici di un albero secolare. Il petto lentamente si alza e si abbassa. Penso a quanto poco mi conosca e a come reagirà alla mia presenza. Mi avvicino a lei. Le premo dolcemente una mano sulla bocca. Lei si sveglia con un grido soffocato. Le intimo di fare silenzio e tolgo la mano.

<< Tu qui? >>

<< Si... Ci sono alcuni problemi, volevo... Ecco. Aiutarti. >>

<< A fare cosa? >>

Da sotto giunge un rumore come di vetri rotti. Poi un urlo. Lei sbianca.

<< Che succede? >>

<< Li chiamo Garou. Lupi mannari. Non so perchè sono qui, né mi interessa. Di solito stanno in altre parti, ma importa poco adesso. >> Le porgo la mano.

<< E quindi quella spada ti serve a farli a pezzi. Caspita come è grande. >>

<< Grandissima. >>

<< Ti ripeto. Perchè tu qui? >>

<< Lo sai benissimo. >> Dico con un sorriso, lei è stupita. Le porgo la mano, lei la prende. Mentre mi giro lei si veste, poi scendiamo giù. Come pensavo i suoi genitori sono stati ridotti a un mucchio di carne triturata. Il tanfo metallico del sangue inonda la stanza. Lei reprime un conato, io mi lancio sui bastardi che ancora mangiano. Li colgo di sorpresa, bastano due colpi a ucciderli entrambi. Lei mi guarda inorridita. Le porgo di nuovo la mano.

<< Dobbiamo scappare. Ti spiegherò tutto dopo. Ora sbrigati! >>

Usciamo di corsa, imbocchiamo una via stretta.

<< Dove siamo diretti? >> Mi chiede affannando.

<< In un luogo sicuro. >> Le rispondo con aria criptica. Un po' come nei film. Lei ridacchia.

Pochi minuti dopo arriviamo a destinazione. E' un semplice bar. L'insegna al neon si accende a intervalli di tre secondi. Reca la scritta “Al solito posto”. Un nome idiota per un locale particolare. Dentro è pieno. Lei è stupita, io ci sono abituato. Mi avvicino al bancone. Guardo il barista con aria annoiata gli faccio un cenno impercettibile con la testa, lui sparisce. Poco dopo torna un altro uomo. Più imponente dell'altro. Appena lo vedo lo saluto rispettosamente con una mano. Lui mi guarda torvo.

<< Vorrei una camera. >> Sento su di me lo sguardo di lei. Il tizio mi lancia una chiave, poi se ne va. Torna l'uomo di prima.

<< Ma è una locanda? >>

<< No, affatto. >> E così dicendo la porto con me in bagno. In realtà dietro la porta si vedono delle scale, portano di sopra. Guardo il numero sulla mia chiave: 6. Vado alla porta corrispondente. La apro ed entriamo. Una classica stanza da albergo. Due letti singoli, un tavolo, due sedie e un armadio. Dalla finestra si vede la luna, come da casa mia. Ci sediamo sul letto tenendoci la mano. Sento il suo calore. Lei è rossa in viso. Il colorito contrasta coi suoi capelli. Prova a dire qualcosa, ma si ferma. Ci guardiamo intensamente.

Ci abbracciamo. Stiamo così per qualche minuto. Poi lei avvicina la bocca alla mia. La cosa dura per cinque minuti buoni, poi la sua mano mi tocca il basso ventre. Io mi vedo costretto a spostarla.

<< Dopo. Ora devo finire il lavoro. Ritornerò. Tu stai qui, è un posto sicuro. Non ti accadrà nulla, te lo prometto. >>

Mi sciolgo dall'abbraccio e apro la finestra. La guardo un'ultima volta poi mi tuffo nella notte.



**



Tutto finisce con l'eiaculazione. Poi le lacrime. Fuori è già mattina.



1 commento:

  1. Molto bella, però un po' improbabile la parte della ragazza. Insomma, le sono appena morti i genitori e lei se la ride e cerca anche di scopare?
    Forse sono stata io ad interpretarla male, quindi spiegami XD Comunque sia, mi è piaciuta :3

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